Il Giappone non fa la tragedia greca

Il paragone fra il Sol levante e la penisola ellenica, spiegano gli analisti, è fuorviante. Comunque meglio essere cauti sull'azionario.

Marco Caprotti 26/07/2010 | 16:16
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Pensi al Giappone e ti viene in mente la Grecia. E’ questa l’associazione di idee che nelle settimane scorse hanno fatto molti operatori che lavorano con asset del Sol levante per cui pronosticano un destino simile alle penisola ellenica, entrata nell’immaginario collettivo come l’esempio di un investimento pericoloso. Un pensiero che in un mese (fino al 23 luglio) all’indice Msci nipponico (calcolato in euro) è costato il 5,6%.

Il Giappone non brilla
La situazione dell’arcipelago asiatico, in effetti, non è molto brillante. Il suo debito, ad esempio, continua a crescere. Se negli anni ’90 ammontava all’86% del Pil, ora, secondo i dati della Bank of Japan è arrivato a sfiorare il 200%. E secondo le previsioni ci sarà un aumento del 5% sia quest’anno che nel 2011. “Sta crescendo la paura che da un momento all’altro il Paese possa collassare”, spiega uno studio firmato da Shawn Baldwin, responsabile delle analisi della società di consulenza CM Group. “E’ il risultato di un mix fra debito pubblico, invecchiamento della popolazione e basse entrate fiscali”.

Ma non è la Grecia
Secondo l’analista, tuttavia, le preoccupazioni di un collasso giapponese sono esagerate. “I principali acquirenti di debito giapponese sono le banche del Paese e le famiglie”, continua lo studio. “Si tratta di due categorie di investitori che non hanno nessun interesse a speculare sui guai della nazione come invece stanno facendo alcuni operatori internazionali con i Paesi più deboli dell’Unione europea”. Il Giappone, inoltre, nel corso degli ultimi 20 anni ha dimostrato di essere in grado di gestire il crescente debito. “Mentre gli Stati Uniti hanno sempre speso troppo, i giapponesi hanno preferito risparmiare”, dice ancora Baldwin. Esistono poi altre profonde differenze rispetto alla Grecia. Prima di tutto un’economia legata ell’export che, nonostante la crisi europea, continua a marciare.

Cresce (piano) l’export
Secondo gli ultimi dati rilasciati dal ministero delle Finanze, le esportazioni a giugno sono cresciute di quasi il 30%. E’ vero che si tratta del dato più debole da gennaio, ma è comunque superiore alle attese degli economisti. La richiesta maggiore di beni made in Japan è arrivata dalla Cina (+22%), seguita da Stati Uniti (21,1%) ed Europa (+9%). “Il grosso problema è la forza dello yen che, dal crollo di Lehman Brothers ha guadagnato quasi il 20%”, dice il report. “Le esportazioni, tuttavia, non sembrano averne sofferto molto. A preoccuparsi saranno le aziende quando dovranno trasformare i guadagni realizzati all’estero in valuta locale. In ogni caso i dati sulle esportazioni dimostrano che le merci del Sol Levante continuano ad essere richieste. E questo fa passare tutto il resto in secondo piano”.

Altre differenze rispetto alla Grecia sono il basso livello di disoccupazione, gli alti standard di vita della popolazione e una crescita economica che, al di là degli alti e bassi legati alle crisi più recenti, continua a marciare. Il consensus degli economisti si aspetta un aumento del Pil del 2,4% nel 2010 e del 2% l’anno prossimo.

Meglio essere cauti
Dal punto di vista operativo, gli analisti consigliano comunque prudenza. Quelli di Nomura, ad esempio, hanno appena abbassato il giudizio sull’equity del Giappone portandolo da buy (acquistare) a neutral. “I guadagni delle aziende nipponiche non stanno mostrando la ripresa che ci si aspettava”, spiega uno studio della casa di investimenti asiatica. “In questa situazione la Banca centrale potrebbe arrivare a nuove misure di supporto dell’economia del Paese”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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