Le Borse non guardano ai fondamentali societari, perché sono troppo preoccupate per la situazione economica, che rimane incerta. Per i gestori, interpellati da Morningstar nell’ultimo sondaggio mensile, è questa la ragione per cui i mercati azionari continuano ad essere volatili. Tuttavia, c’è più ottimismo rispetto a settembre sull’andamento nei prossimi sei mesi.
Europa a sconto
E’ convinzione diffusa tra i gestori che le valutazioni in Europa siano interessanti (secondo le statistiche di Swisscanto, l’Msci locale, che esclude il Regno Unito e la Svizzera, è sottovalutato del 60%). Sul fronte macro, rimangono le incertezze legate al debito governativo dei Paesi periferici e all’esigenza di ricapitalizzare alcune banche. In più non c’è accordo tra i fund manager sulle prospettive di crescita: secondo alcuni dovranno essere riviste al ribasso, secondo altri al rialzo. In ogni caso, il 65,3% degli intervistati (erano il 52% a settembre) pensa ci siano le condizioni per un aumento dei corsi azionari nei prossimi sei mesi, contro il 30,4% che prevede un’oscillazione attorno agli attuali livelli.
Usa, incognita dollaro
L’economia americana continua a zoppicare ed è sempre più probabile un nuovo intervento di politica monetaria da parte della Federal Reserve. In questo contesto, la dinamica del dollaro diventa fondamentale. In genere, il suo calo determina un andamento positivo delle Borse; una brusca inversione, invece, potrebbe provocare una diminuzione dei corsi azionari. In ogni caso, è difficile fare previsioni prima delle elezioni di medio-termine che si terranno il 2 novembre. Sul fronte societario, c’è attesa per le trimestrali, con qualche timore per possibili delusioni, in particolare nel settore finanziario. I gestori, comunque, sono meno pessimisti su Wall Street. La percentuale di coloro che prevedono un rialzo nei prossimi sei mesi è passata dal 58% di settembre al 69,6%.
Tokyo non convince
Nonostante l’abbassamento dei tassi di riferimento a zero da parte della Banca del Giappone per stimolare l’economia, il Sol Levante non convince i gestori. I pessimisti rimangono stabili al 26%, mentre coloro che si attendono un aumento dei prezzi azionari sono meno del 40% degli intervistati. La forza dello yen e la concorrenza dei Paesi emergenti penalizza le esportazioni, mentre l’invecchiamento della popolazione e l’incertezza politica frenano la domanda interna.
Ancora Asia
Secondo le ultime statistiche dell’Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), la crescita globale è in rallentamento non solo nei Paesi occidentali, ma anche in Cina e India. In particolare, il superindice che segnala le tendenze del Pil (Prodotto interno lordo) ha registrato ad agosto un -0,4% con riferimento alla congiuntura dell’ex celeste impero. Si tratta del quinto dato negativo a partire da aprile. Intanto, le autorità cinesi continuano ad opporsi a una rapida rivalutazione dello yuan, che potrebbe compromettere le esportazioni. L’82,6% dei gestori (erano il 68% a settembre), però, è convinto che le piazze finanziarie dell’area registreranno incrementi delle quotazioni nei prossimi sei mesi, dal momento che la situazione congiunturale è migliore di quella occidentale, il livello di indebitamento è basso e le previsioni di utili positive.
Governativi, tassi bassi a lungo
In Europa, i gestori non prevedono interventi sui tassi di interesse da parte della Bce almeno fino alla seconda metà del 2011. Negli Stati Uniti, sono date per scontate ulteriori manovre di allentamento monetario (quantitative easing). Inoltre, nel Vecchio continente, i titoli governativi con rating più alto sono considerati troppo costosi, per cui i gestori hanno ridotto il loro sottopeso delle aree periferiche, in particolare Italia e Spagna. I timori di nuovi casi di insolvenza, però, non sono del tutto fugati. Al pari, preoccupa un rallentamento delle economie trainanti dell’area, soprattutto di quella tedesca. Oltreoceano, i nuovi stimoli sosterranno i corsi dei titoli di Stato a fronte di un calo dei rendimenti. La situazione del mercato dei governativi spinge i gestori a cercare valore su altre classi obbligazionarie, tra cui gli high yield e i corporate.
Euro e dollaro, valute deboli
Quella tra euro e dollaro è definita una battaglia tra divise deboli. La moneta comunitaria deve fare i conti con l’elevato debito di molti Paesi; il biglietto verde, invece, soffre il debole quadro macro. Di conseguenza, nessuna delle due aree ha interesse in una valuta forte. I gestori mettono in guardia dallo speculare sia nei confronti dell’euro che del dollaro. Per il 43,5% degli intervistati, il rapporto di cambio non si discosterà molto dagli attuali livelli, mentre per il 30,4% scenderà la divisa unica.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 5 e il 12 ottobre, 24 delle principali società di diritto italiano ed estero operanti sul territorio, che contano per circa il 90% degli asset gestiti in Italia. Si tratta di Albemarle Asset Management, Aletti Gestielle, Axa Im, Banca Akros Banca Ifigest, Banca Profilo, Banca Reale, Bnp Paribas Am Sgr, Credit Suisse, Eurizon Capital Sgr, Fideuram Sgr, Ing IM, Investitori Sgr, M&G Investments, Nemesis, Norvega Sgr, Pioneer Im, Sella Gestioni, Swisscanto, Swiss&Global AM Sgr, Threadneedle, Total Return, UFG-Lfp, VG.SA.
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