Gli shock di mercato vissuti negli ultimi anni hanno dimostrato che il passato non è sempre un buon indicatore per il futuro. Nonostante una vastissima letteratura e le promesse di molti guru della finanza mondiale, la fiducia in teorie come la Modern Portfolio Theory (Mpt) è stata minata alle fondamenta dalla crisi finanziaria. “La Mpt ha fallito miseramente nel preservare il capitale degli investitori durante gli ultimi anni di ribassi”, si legge in una nota Morningstar firmata da Richard Wiegand, consulente per investitori istituzionali e professore di finanza al John Welch College of Business negli Usa.
La teoria
Non è fuori luogo definire la Modern Portfolio Theory come la base delle finanza moderna. Creata negli anni ’50 dal premio Nobel Harry Markowitz, la Mpt afferma in sostanza che è possibile combinare diverse tipologie di investimenti per ridurre sensibilmente il rischio complessivo del portafoglio, attraverso una strategia di asset allocation. Inoltre, la teoria ha aggiunto il concetto secondo cui il rischio totale del portafoglio non dipende solo da quello medio dei titoli, ma anche dalla covarianza delle diverse componenti, che indica come le variazioni dei vari titoli siano collegate tra loro.
…e la realtà
La Mpt resta ancora un importante punto di riferimento per chi gestisce patrimoni, tuttavia negli ultimi anni sono emerse diverse lacune. Infatti, mentre la teoria è corretta nel mostrare che esiste sempre un trade-off tra rischio e rendimento, essa pone troppa fiducia nel fatto che i mercati siano efficienti.
“Il concetto dei mercati efficienti è stato ampiamente smascherato durante la recente crisi finanziaria”, commenta Wiegand. “Durante la caduta, un largo numero di titoli e di settori sono stati mal valutati. I mercati globali sono stati molto inefficienti nel valutare i titoli nel lungo periodo. I gestori di successo sanno che assumere di conoscere il fair value di un titolo o assumere che i mercati vadano in quella direzione è un cammino molto pericoloso”.
Schiavi delle emozioni
La prova sta nei numeri. Secondo i dati di Morningstar l’investitore medio è stato fortunato se è riuscito a catturare il 35% del rendimento annuo medio del proprio benchmark (dati dal 1990 al 2009 in dollari; è stato preso l’S&P 500 come benchmark azionario e il Barclay’s US Aggregate Bond Index come indice obbligazionario). Perchè? “L’investitore privato medio non ha ancora scoperto un metodo di investimento che preservi il proprio patrimonio dagli emotional swings (decisioni impulsive, sotto l’influsso di emozioni come l’ansia, la paura, l’entusiasmo ndr), e lo stesso discorso vale per molti promotori e consulenti finanziari”.
Le teorie come la Mpt, infatti, non prendono in considerazione fattori come il market timing e l’Investor return, che incidono pesantemente sulle performance di un portafoglio. Comprare ai massimi e vendere ai minimi seguendo la massa è il tipico “errore emozionale”. “L’evidenza mostra chiaramente come l’investitore medio non abbia una disciplina che gli consenta di essere freddo nelle proprie decisioni”, prosegue Wiegand.
Il primo passo è comunque capire quali sono i propri bisogni e cosa si chiede al proprio investimento, quindi valutare il livello di rischio che si può tollerare. Tenendo conto, però, che anche i modelli pre-stampati come i questionari sul livello di rischio non hanno la verità assoluta, e che i mercati sono spesso inefficienti. “La teoria è ideale in un mondo ideale”, conclude il professor Wiegand, “ma abbiamo visto negli ultimi dieci anni come i mercati globali siano molto lontani dall’esserlo”.
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