I dubbi sono iniziati a circolare nelle sale operative fra la fine del 2010 e l’inizio dell’anno: vista la partenza a razzo del mercato americano, non sarà che il gap di crescita fra i Paesi sviluppati e quelli emergenti si sta riducendo? E ancora: se questo succedesse, gli investimenti potrebbero spostarsi dalle aree in via di sviluppo per concentrarsi su quelle più conosciute? “Le previsioni per la crescita economica globale sono state riviste al rialzo nel mese di dicembre insieme alla pubblicazione di studi e dati ufficiali che, in linea di massima, hanno superato le attese degli operatori”, spiega uno studio di Andy Brunner, analista di Morningstar. “In generale si può dire che la ripresa avrà due velocità. Ma la differenza fra i mercati emergenti e quelli sviluppati si sta assottigliando. Gli Stati Uniti, in particolare, daranno un discreto contributo al Pil globale, in un momento in cui la crescita delle regioni emergenti inizia a dare segni di rallentamento”.
Ottimismo per i Paesi sviluppati
Le stime elaborate dalle principali case di investimento parlano di una crescita mondiale del 4,4% nel 2011. Un ritmo al di sotto del 4,8% circa segnato nel 2010, ma comunque decisamente forte. “Questo andamento correrà su due strade: da una parte quella delle aree sviluppate che porteranno un contributo modesto; dall’altra gli emergenti che, Asia in testa, continueranno a condurre la gara”. Dando un’occhiata alle prime previsioni che circolano sul 2012, si nota però che la distanza fra sviluppati ed emergenti si assottiglia sempre di più. La media del consensus fra gli economisti che fino ad ora si sono esercitati in una previsione più lungo termine dice che gli Usa passeranno dal +3,3% di quest’anno al +3,5% nel 2012. La Cina, invece (che nel 2010 ha segnato +10,1%) nel 2011 crescerà del 9,3% per poi passare al +9,1% nell’esercizio seguente. Nel frattempo sono state migliorate le stime per l’Eurozona (+2% nel 2011 e poco sopra nel 2012, grazie soprattutto alla Germania).
“Per quanto riguarda gli Usa, una ventata di ottimismo è arrivata con la decisione di proseguire con i piani di stimolo all’economia, con gli sgravi fiscali e con gli aiuti all’occupazione”, continua lo studio. “Nel caso del Vecchio continente è difficile prevedere un peggioramento di tutta l’area euro a causa dei problemi di debito di alcuni Paesi dell’Ue che dovrebbero rimanere circoscritti agli stati coinvolti”. Questa crescente fiducia nella ripresa delle economie sviluppate è espressa bene dall’andamento dei mercati finanziari. Da inizio anno l’indice Msci World (calcolato in euro) è cresciuto più dell’1%. Il contributo maggiore è arrivato dal paniere North America (+1%) e dallo Europe. Pesante, invece, l’Asia (Giappone escluso) che ha chiuso il periodo in calo del 3,7%.
Il tempo è dalla parte degli emergenti
Considerare indeboliti i Paesi emergenti, tuttavia, è decisamente prematuro. “I mercati stanno ragionando su prospettive di breve periodo per le aree in via di sviluppo che, in un orizzonte temporale ampio non possono competere con i nuovi mercati”, spiega Marc Rothfeld, Managing director di EMG Selector. “I numeri parlano chiaro anche nel caso delle zone in via di sviluppo. In Brasile, ad esempio, negli ultimi sei anni è triplicato il numero delle persone che sono passate da una situazione di povertà a una di benessere. Si tratta di tassi che continueranno a migliorare nei prossimi anni. Questo vuol dire che, sia nel medio e lungo termine avremo, a che fare con soggetti interessati a comprare di più e a fare investimenti per far fruttare la propria ricchezza”.
Sulla stessa lunghezza d’onda Stefan Angele, responsabile degli investimenti di Swiss&Global Asset Management. “I mercati emergenti attraggono una quota sempre maggiore degli investimenti globali”, spiega. “Ad oggi il tasso di crescita reale del Pil di questi Paesi è quasi il triplo di quello delle economie sviluppate, senza contare che la loro partecipazione alla ricchezza globale sta raggiungendo il livello dei Paesi del G7. I fattori a favore di un proseguimento di questo trend sono diversi. Tra i più importanti, sottolineiamo il livello di debito pubblico contenuto, i processi di urbanizzazione e industrializzazione, l’aumento del commercio con l’estero e la crescita della popolazione”.
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