Le banche non reggono lo stress

I test sulla solidità degli istituti Usa non sono serviti a far tornare gli investimenti. I prossimi esami toccano a Europa e Cina.

Marco Caprotti 20/04/2011 | 13:57
Facebook Twitter LinkedIn

In attesa dei risultati completi del nuovo round di stress test chi investe nei titoli bancari preferisce stare alla finestra. E non è detto che, una volta ottenuti i dati gli investitori si precipitino ad acquistare i titoli del comparto. L’indice Msci del settore nell’ultimo mese (fino al 19 aprile e calcolato in euro) ha perso lo 0,53%.

Le banche Usa non seducono
Quanto sia complessa la situazione dal punto di vista degli investimenti è dimostrato dagli Stati Uniti dove gli istituti di credito hanno già terminato gli esami. I test effettuati dalla Federal Reserve hanno dimostrato che molte banche Usa hanno capitali sufficienti per procedere con operazioni di riacquisto di azioni proprie e con aumenti di dividendi. Nonostante questo le azioni delle banche quotate sull’indice S&P500 sono fra i peggiori titoli del paniere. “Colpa della scarsa crescita dei prestiti e dei costi dei nuovi regolamenti finanziari (limiti di trading e costi più contenuti per i conti correnti, Ndr) introdotti dopo la grande crisi finanziaria iniziata nel 2007”, spiega uno studio della società di consulenza FBR Capital. “Il miglioramento della congiuntura non è sufficiente a far aumentare l’apertura di linee di credito che sono poi le voci principali dei bilanci bancari”.

Famiglie e imprese, insomma, non sono ancora convinte che la ripresa degli Stati Uniti sia in corso e, per evitare guai in futuro, preferiscono non indebitarsi. Secondo i dati elaborati dalla Fed i prestiti bancari nel quarto trimestre del 2010 sono aumentati dello 0,9%, ben al di sotto della media del 2% che, storicamente, viene segnata nel periodo ottobre-dicembre. Ad attrarre gli investitori non sembrano bastare nemmeno i risultati del primo trimestre.  Jp Morgan ha registrato profitti record per il secondo bilancio parziale consecutivo, mentre gli utili di Citigroup hanno battuto le pur ottimistiche previsioni degli analisti. Va anche aggiunto che i numeri di Bank of America (peraltro una di quelle banche che non hanno avuto il permesso al riacquisto di azioni proprie e all’aumento dei dividendi) hanno deluso. “Qualcuno può dire che si tratta di risultati contradditori”, dice il report di FBR. “La maggior parte delle banche, tuttavia, sta comunicando dati positivi”.

L’Europa studia per i test
Gli stress test sono l’argomento di queste settimane anche in Europa. La Europe Banking Authority (Eba) ha detto chiaramente che uno dei parametri su cui gli istituti del Vecchio continente saranno valutati sarà l’esposizione ai titoli di debito sovrani. Un argomento delicato in un momento in cui tornano di attualità i dubbi sulla tenuta di alcuni Paesi dell’Unione europea (Grecia, Irlanda e Portogallo hanno già chiesto l’aiuto dell’Ue). La simulazione preparata dall’Authority vuole verificare come si comporterebbero gli istituti di credito nel caso in cui ci fosse una contrazione economica dello 0,5% in Eurolandia nel 2011 coincidente con una discesa del 15% dei mercati azionari della regione.

L’Eba si attende che almeno 90 banche passino l’esame che è stato reso più severo dopo le critiche suscitate nella sessione del 2010, considerata poco attendibile. I test dovranno pervenire all’autorità di vigilanza entro la fine di aprile (anche se qualcuno ha già chiesto una proroga di almeno due settimane). Chi fallirà la prova avrà tempo fino alla fine dell’anno per completare i piani di ricapitalizzazione (alcune banche italiane stanno già provvedendo) o di ristrutturazione dell’attività.

La Cina verifica il mattone
Per non perdere il passo con le altre potenze economiche, anche la Cina ha deciso di portare avanti un’altra sessione di test sulle banche. Nel caso degli istituti asiatici, tuttavia, sarà analizzata la tenuta della banca in caso di crollo dei valori immobiliari. Una scelta obbligata, visto il numero crescente di mutui che vengono concessi alle famiglie per investire nel mattone. Un fenomeno al quale Pechino sta cercando di porre un freno rendendo più difficile la concessione di prestiti per le seconde e terze case. Il problema delle svalutazioni delle case è tutt’altro che remoto, anche in un’economia in espansione come quella cinese. L’agenzia di rating Moody’s ha abbassato a negativo l’outlook sul comparto immobiliare del Paese citando un possibile calo del prezzo delle abitazioni del 30%. I colleghi di Fitch, nel frattempo hanno avvisato che potrebbero rivedere al ribasso il giudizio sul debito cinese per la prima volta in 12 anni.

Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.

Facebook Twitter LinkedIn

Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

© Copyright 2024 Morningstar, Inc. Tutti i diritti sono riservati.

Termini&Condizioni        Privacy        Cookie Settings        Disclosures