“Da tempo invochiamo maggior trasparenza sul mercato degli Exchange traded fund (Etf) e lavoriamo per informare ed educare gli investitori sui rischi delle varie tipologie di Etp (acronomo che racchiude le diverse forme di replicanti, Ndr)”. E’ questa, in sintesi, la posizione di Morningstar, espressa da Ben Johnson, direttore della ricerca sugli Etf in Europa, dopo gli allarmi lanciati nelle scorse settimane da alcuni organismi regolamentari internazionali.
L’industria degli Etf è esplosa dopo l’ultima crisi finanziaria, perché questi strumenti si contrapponevano con la loro semplicità alla complessità e onerosità dei prodotti strutturati, rimasti invischiati nella crisi. L’innovazione, che si è diffusa rapidamente anche su questo mercato, però ha introdotto elementi di opacità, che rischiano di allontanare gli Etf dal disegno originario. E’ proprio i frutti di questa evoluzione che sono finiti sul banco degli imputati tanto del Financial stability board, l’organismo internazionale incaricato di vigilare sulla stabilità dei mercati, quanto del Fondo monetario internazionale e dalla Banca dei regolamenti internazionali (Bis).
Etf e derivati
Il monito non riguarda tutti gli Etf, ma quelli che utilizzano la replica sintetica, ossia tramite derivati, che sono anche i più diffusi in Europa. Essi implicano un rischio di controparte; inoltre possono generare problemi di liquidità in particolari situazioni di stress dei mercati. Anche il prestito titoli, utilizzato da alcuni Etf a replica fisica, è motivo di preoccupazione. Il timore è che questi strumenti e il modo in cui vengono utilizzati accrescano il rischio sistemico.
L’industria degli Etf utilizza i derivati in diverse tipologie di replicanti. La forma più semplice è l’impiego di contratti swap (contratti che prevedono lo scambio a termine di flussi di cassa) per replicare un paniere di riferimento (in alternativa all’acquisto dei titoli che lo compongono). In pratica, l’Etf investe in un paniere di titoli, detto substitute basket, e paga la performance di questo paniere alla controparte dello swap, che a sua volta ritorna al fondo il rendimento dell’indice. La fedeltà di replica è alta, ma ci si espone al rischio di default della controparte dello swap, che l’emittente può però ridurre in diversi modi (ad esempio, con più controparti).
Un monito che viene da lontano
E’ più complesso il discorso per gli Etf strutturati, che permettono di avere un’esposizione a leva o short, ossia guadagnare più del mercato nelle fasi rialziste e scommettere sui ribassi in quelle di discesa. Già nel 2009 avevamo scritto al riguardo un articolo dal titolo “L’Etf con derivati brucia la mano inesperta” a seguito del monito lanciato dai colleghi americani sul fatto che questi strumenti si stavano diffondendo tra gli investitori privati, i quali, non conoscendo gli effetti dell’interesse composto, spesso incorrevano in forti perdite per un uso non corretto.
Da allora, sono stati fatti passi in avanti da parte degli emittenti; tuttavia rimangono o si sono create nuove zone opache. “Gli allarmi lanciati dai tre organismi internazionali hanno l’indubbio merito di creare nuove pressioni perché l’industria definisca e segua le migliori pratiche in termini di trasparenza e prestito titoli ”, dice Johnson. Per parte sua, Morningstar continuerà a pubblicare analisi e studi sul funzionamento di questi strumenti, con lo scopo di aiutare gli investitori a decidere in modo consapevole e far emergere le best practices di un’industria che ha un ruolo importante nel muovere i meccanismi del sistema finanziario internazionale.
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