I mercati mondiali sono ancora in mezzo alla tempesta. E, dicono gli analisti, all’orizzonte si vedono altre nubi nere. L’indice Msci World nell’ultimo mese (fino al 2 settembre e calcolato in euro) ha perso il 7,3%, portando a -13,3% la performance da inizio anno.
Il pericolo è sempre il debito
I temi che hanno caratterizzato le contrattazioni nelle settimane scorse sono stati sempre gli stessi, da quando le speranze di una ripresa guidata dai paesi più sviluppati sono definitivamente evaporate dopo la partenza del 2011: la crisi del debito in Europa a cui si aggiunto il downgrade sul giudizio dei bond americani che S&P ha abbassato da AAA ad AA+). “Tutto questo sta continuando a indebolire la fiducia degli investitori, delle imprese e delle famiglie in tutto il mondo”, spiega uno studio della società di analisi Thomas White International (Twi). “Le risposte del mondo politico alle crisi sono considerate inefficaci, anche perché sono il frutto di compromessi che sembrano rendere inutili tutte le strategie”.
In mezzo a tutto questo le banche centrali danno l’impressione di avere le armi scariche. Il risultato, oltre alla debolezza del comparto equity, è stato anche una fase di bonaccia per le commodity (esclusi i metalli preziosi, considerati beni rifugio nei momenti di crisi).
La crescita del Pil americano nel secondo trimestre è stata più debole delle attese (+1%, dato rivisto rispetto al +1,3% comunicato in prima battuta) e tendenze simili sono state registrate in altre economie sviluppate. La fiducia dei consumatori, intanto, dà ulteriori segni di debolezza. Una situazione che sta convincendo le aziende ad assumere sempre meno personale e, più in generale, a fare minori investimenti. Va meglio nei Paesi emergenti dove i dati sulla crescita del secondo trimestre in Cina sono stati migliori delle attese e dove, in generale, non ci sono eccessive frenate rispetto ai primi tre mesi dell’anno. “Tuttavia in quelle zone restano i grandi rischi legati alla crescita dell’inflazione”, continua lo studio di Twi. “Le Banche centrali di Cina, India e Brasile stanno mostrando un atteggiamento aggressivo con i tassi di interesse. Un elemento che alla lunga inciderà sul ritmo di crescita di quei paesi”.
Risposte inefficaci
Dal punto di vista operativo, l’attenzione degli operatori, in questo periodo resta concentrata sulle risposte che la politica dà alla crisi del debito. “Il downgrade di quello americano non sta penalizzando eccessivamente i bond americani che continuano ad essere comprati dagli investitori”, dice il report. “Nel lungo termine, tuttavia, la decisione di S&P potrebbe rendere più difficili i tentativi di risolvere la questione del deficit in altri paesi”. L’accordo raggiunto dal congresso Usa sull’aumento del tetto del debito, per esempio, non è bastato ad evitare il taglio del giudizio sulle obbligazioni governative a stelle e strisce. “Tra l’altro si tratta di una misura temporanea”, spiega lo studio. “I mercati sono convinti che i legislatori in America e in Europa debbano trovare soluzioni credibili e che funzionino nel lungo termine”.
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