L’economia dell’Eurozona ha rallentato nel terzo trimestre dell’anno e probabilmente peggiorerà nel quarto. Una recessione a cavallo tra il 2011 e il 2012 è quasi sicura. Il peggioramento delle prospettive economiche, i problemi fiscali, di liquidità e di solvibilità delle banche si alimentano a vicenda. La minor crescita aumenta il deficit fiscale e il peso del debito pubblico sul Pil. I dubbi sulla solvibilità degli Stati, poi, indeboliscono le banche, visto che queste possiedono forti quantità di debito statale. Infine, per chiudere il circolo vizioso, se i mercati riducono la liquidità delle banche, esse chiudono i rubinetti del credito e l’economia frena ancora di più.
I leader europei, inclusa la Banca centrale (Bce), credono che la malattia dell’Eurozona sia di natura fiscale. La cura, quindi, dovrebbe essere quella di ridurre il deficit. È certo che la Grecia, e forse anche Portogallo e Italia, hanno un debito eccessivo. Però, nel lungo periodo il problema è più complesso. L’Eurozona rischia di disintegrarsi se non fa fronte a tre difficoltà. La prima è la mancanza di competitività delle economie mediterranee (Spagna, Portogallo, Grecia, Italia e, in minor misura, Francia). La seconda è l’avversione delle economia del nord-est (Germania, Austria, Olanda e Finlandia) a ridurre il proprio surplus fiscale, in modo da aiutare le economia del sud. I paesi del nord Europa dovrebbero impegnarsi a dare il proprio contributo, adottando misure che disincentivino il risparmio e rilancino i consumi, mentre quelli mediterranei dovrebbero fare il contrario. La terza difficoltà deriva dal fatto che l’Eurozona ha bisogno di un maggior coordinamento fiscale, accompagnato da riforme economiche che aumentino la competitività al sud.
E’ poco probabile che l’Europa realizzi queste riforme nei prossimi mesi. Per adesso, al centro dell’attenzione c’è la crisi finanziaria. Su questo tema, la Ue è troppo lenta. I governi hanno approvato pochi giorni fa l’ampliamento del Fondo europeo di stabilità, varato a luglio, ma non è sufficiente. Un fondo che copra le necessità della finanza pubblica e ricapitalizzi le banche dovrebbe essere di 2 miliardi. I mercati lo sanno e reagiscono di conseguenza.
Nei prossimi mesi l’unica istituzione che potrebbe spegnere l’incendio, almeno nel breve termine, è la Bce. Se la banca centrale annuncerà di essere disponibile a immettere liquidità a banche e governi, il fallimento tecnico e la crisi finanziaria potrebbero essere evitati. Vedremo se sarà all’altezza.
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