Un bene rifugio dall’alto valore emotivo ed estetico. Ma anche una buona alternativa di diversificazione del portafoglio azionario. La crisi dei mercati finanziari sta spostando molti investitori verso l’arte. Non è un caso che Christie’s e Sotheby’s, le due principali case d’aste mondiali, abbiano incassato 6,5 miliardi di dollari in soli sei mesi.
Ma la diversificazione in arte funziona anche in Italia? Da noi gli investimenti in questo settore prediligono i grandi nomi, considerati sinonimi di buon investimento. Ma al di là delle firme, quello che conta sono i numeri. Secondo uno studio sullo stato dell’arte, reso noto durante la manifestazione biennale fiorentina Florens, 100 euro di incremento della ricchezza nel comparto dell’arte e della cultura, ne generano 249 nell’intero Pil (Prodotto interno lordo) nazionale. Senza considerare i ritorni nell’industria manifatturiera. Non è un caso che banche come Unicredit, Intesa SanPaolo e Gruppo Bipiemme abbiano attivato team dedicati all’ Art Advisory. L’obiettivo è soddisfare le esigenze dei propri clienti trasformando in reddito la ricchezza artistica. Il vantaggio di questo approccio è l’investimento in un bene-oggetto, di valore inestimabile, tangibile e con obiettivi temporali differenziati.
I fondamentali per investire in arte
Gli strumenti di investimento di questo settore sono principalmente rappresentati da fondi chiusi, private equity o hedge. Oppure aperti, ma domiciliati in paradisi fiscali nei quali i requisiti regolamentari sono estremamente ridotti. Le tipologie in circolazione sono sostanzialmente due. Prima: di lungo termine (8-10 anni), con un lock-up (cioè l’obbligo di restare nel fondo) di tre o cinque anni. La strategia di investimento prevede operazioni in tutte le diverse aree e periodi storici dell’arte. Seconda: di breve termine. Solitamente ha una durata di cinque anni. Il focus è sull’arte contemporanea, che permette una maggiore facilità di trading. Questo secondo tipo di fondi è il più speculativo. Non a caso sono spesso gestiti da ex manager di hedge fund.
Rischi e costi
Il rischio di questi fondi è il conflitto d’interesse o la scarsa trasparenza. Nel consiglio di gestione spesso sono presenti dealer, consiglieri d’asta galleristi e advisor. Tutta gente che detta i tempi al mercato. Inoltre, la valutazione del portafoglio è opaca. Il rendimento è affidato a pratiche aleatorie come la valutazione di un quadro o di un pittore effettuata da chi gestisce il fondo. In genere, tali fondi acquistano e poi detengono un’opera per un lungo periodo. Gli alti costi connessi con le transazioni e la volontà di mantenere inalterato lo stato della collezione rende inefficiente negoziare le opere nel breve termine. I costi per l’investitore sono tendenzialmente simili a quelli degli hedge fund: una tassa di gestione 2-3% delle risorse gestite e una commissione di performance del 20% sui profitti generati. Alcune società possono richiedere anche un gettone di entrata.
Emissione di Art Fund
La gestione di un Art Fund non si limita alla raccolta del capitale e all’investimento. Il ruolo del manager richiede una serie di competenze specifiche aggiuntive. Deve avere una certa conoscenza del mercato per identificare potenziali acquisizioni. Deve negoziare con le autorità competenti in casi di prestiti e locazioni presso musei, gallerie.
Ad oggi non esistono molti esempi di Art Fund. La crisi finanziaria tra il 2008 e il 2009 ha decimato i fondi che furono lanciati a partire dal 2006, negli anni del boom del mercato. Il Fine Art Wealth Management, advisor e fund manager del settore, stima che il numero di art fund è diminuito del 40% dal fallimento della Lehman Brothers. Ma l’avvio dell’anno è stato solido e così alcuni gestori di fondi di investimento in arte hanno aperto le sottoscrizioni. Lo ha fatto Advanced Capital, società milanese, con l’AC Contemporary Art Fund in partnership con Simon Pury (chairmain di Philips de Pury) della famosa casa d’aste londinese. La strategia di investimento è quella di acquisire opere di artisti affermati ed emergenti e opere prodotte in quest’ultimo secolo. La ripartizione sarà strutturata con un 60% in arte contemporanea, un 20% in opere fotografiche e il restante in opere di design.
È attivo anche il fondo lussemburghese Contemporary Art Fund, proposto dalla Pericca Merchant Bank di New York e Scudo Investimenti Sg di San Marino. Il fondo ha ricevuto il 2 settembre 2010 l’approvazione della Banca centrale della Repubblica di San Marino. Il regolamento di gestione prevede un investimento dell’80% in arte e del 20% in asset finanziari liquidi. Vi è poi il fondo di Anthea Art Investment Ag, società di gestione svizzera guidata da Massimiliano Sabba e Nicoali Frahm, unendo così expertise finanziaria e di art advisory. Il lancio è della fine del 2010 e prevede una durata di 8 anni, dei quali i primi 4 serviranno per l’acquisto delle opere per una cifra di circa 20 milioni di euro all’anno e i rimanenti 4 per la dismissione degli asset attraverso aste o privatamente. Il ritorno atteso è compreso tra il 10% e il 15%. La valutazione è semestrale, eseguita da Sotheby’s e Christie’s International Plc , con il fine di fornire accurate e aggiornate stime sulla performance del fondo agli investitori.
In pista vi è poi la costruzione di un altro fondo sull’arte indiana e cinese, visto l’enorme interesse suscitato dai paesi emergenti. L'idea è di Romano Ravasio, direttore di Art Consulting che dice che avrà la sede a Lussemburgo e che sarà dedicato soprattutto agli artisti asiatici.
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