Segnali di risveglio dal mondo emergente. A ottobre i mercati azionari dei principali paesi emergenti hanno registrato incrementi a due cifre, dopo un lungo periodo di rendimenti negativi (l’indice Msci Bric ha perso il 26% nei primi nove mesi dell’anno, mentre in ottobre ha balzato dell’11,5%; il rally non ha però resistito, dato che a novembre l’indice è tornato negativo con un -4,6%. Dati in euro). La crisi economica che morde da tempo l’occidente, infatti, ha avuto ripercussioni anche sui paesi in via di sviluppo, seppur con una minore intensità. Tuttavia, in confronto ai paesi sviluppati, il futuro sembra decisamente più roseo per i Bric (acronimo che raggruppa Brasile, Russia, India e Cina).
“Per gli Usa, l’Ue e il Giappone rimane assolutamente realistico lo scenario di una recessione nei prossimi trimestri, considerata la crisi strutturale e la fase ciclica sfavorevole”, si legge nell’ultimo EmReport a cura di Raiffeisen Capital Management. “Nella gran maggioranza dei paesi emergenti, invece, la crescita economica dovrebbe mantenersi positiva, sia pure con un sensibile indebolimento”. In particolar modo, l’analisi sottolinea il pericolo di una profonda recessione nell’Eurozona nel caso la crisi dei debiti sovrani subisse un’ulteriore escalation o i governi varassero programmi di risparmio ancora più drastici di quanto sia prevedibile attualmente.
Cina, scommettere sui consumi interni
Gli ultimi dati congiunturali in Cina, anche se non esaltanti, sono stati nel complesso giudicati positivamente: il Prodotto interno lordo pubblicato per il terzo trimestre (9,1% annuo) risulta leggermente inferiore al valore annuale del trimestre precedente (9,5%) e inferiore alle previsioni di consenso. Tuttavia, l’indebolimento in Europa si riflette anche nelle esportazioni cinesi verso il Vecchio continente che a settembre registrano una contrazione di quasi il 7% rispetto ad agosto. “Complessivamente il quadro congiunturale disegnato dagli indicatori economici può essere definito nel migliore dei casi un quadro di stabilizzazione”, prosegue il report di Raiffeisen. “I segnali per i prossimi mesi fanno comunque presagire una crescita ancora moderata”.
“Una crescita basata sulle esportazioni non può essere sostenibile nel lungo periodo”, afferma Motoshi Nagai, gestore del fondo Callander Chinese Universe (non disponibile in Italia), intervistato da Morningstar. “Perciò il governo cinese sta cercando di aumentare il peso dei consumi interni, mediante la costante crescita del salario minimo, diminuendo le imposte sul lavoro dipendente e favorendo il credito al consumo”. Basta pensare che negli Usa la domanda domestica vale il 70% del Pil totale, mentre in Cina non arriva al 50%.
India schiacciata dall’inflazione
La banca centrale indiana ha nuovamente alzato il tasso di riferimento di 25 punti base portandolo all’8,5%, a causa dell’elevato tasso d’inflazione che da 10 mesi persiste oltre il 9%. Contemporaneamente la banca centrale ha fatto però trapelare che non saranno necessari ulteriori innalzamenti. Anche il mercato azionario indiano ha registrato una forte ripresa nell’ultimo periodo in seguito agli sviluppi internazionali. “La prospettiva di una fine del ciclo di aumenti dei tassi ha fornito ulteriore sostegno”, affermano gli analisti di Raiffeisen Capital Management. “Al momento però lo scenario congiunturale internazionale e quello dei mercati di capitali non depongono a favore di un’inversione di tendenza duratura”.
Il Brasile cresce, ma col freno tirato
Per il Brasile, l’ultimo decennio è stato fantastico. Prima del 2008, un tasso di crescita del 6-7% era pressoché normale. Tra il 2002 e il 2008 il valore della Borsa brasiliana è cresciuto di otto volte. Dallo scorso anno, invece, l’economia è caduta e oggi cresce a un tasso del 3%. Secondo una recente nota, a cura di Marteen J. Bakkum, strategist del team azionario paesi emergenti di ING IM, anche il prezzo delle azioni, negli ultimi due anni, ha segnato il passo rispetto alle altre economie emergenti. “In mancanza di nuove riforme”, prosegue la nota, “l’economia brasiliana sembra aver esaurito la propria carica. Neppure il contesto di bassi tassi di interesse negli Usa e in Europa e la domanda cinese per le materie prime riescono a dare sufficiente impulso al paese. Il problema è la spesa eccessiva per salari e pensioni senza una contestuale politica per promuovere la produttività. A causa dell’indicizzazione salariale, dell’elevata pressione fiscale, degli elevati tassi di interesse e dell’eccessiva burocrazia, i costi per le aziende brasiliane sono maggiori che in qualsiasi altro paese emergente. Di conseguenza, è abbastanza certo che il 2012 sarà il terzo anno di fila in cui il mercato azionario brasiliano, seppur positivo, resterà indietro rispetto agli altri emergenti.
Russia schiava del petrolio
Il mercato azionario russo ha registrato in ottobre una ripresa (misurata sull’indice MICEX) di circa 10 punti percentuali dopo le forti perdite dei mesi precedenti, grazie al rimbalzo del prezzo del greggio, di cui hanno infatti beneficiato soprattutto i titoli petroliferi e del gas. Infatti, la grande incognita per la Russia, insieme allo stato del bilancio, rimane l’andamento del prezzo del petrolio. “In generale, la ripresa economica della Russia perde ancora dinamismo, la produzione industriale si è ulteriormente indebolita”, si legge nell’EmReport. C’è da dire però che le prospettive per i consumi privati attualmente sono positive: “la disoccupazione diminuisce costantemente, le vendite al dettaglio sono robuste e i salari reali presentano incrementi stabili”.
*Questo articolo è stato pubblicato da Tuttofondi in data 17 dicembre 2011
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