Con S&P torna di moda la crisi

Il taglio dei rating in Europa ha ricordato ai mercati che la soluzione al problema dei debiti non è ancora stata trovata.

Marco Caprotti 19/01/2012 | 14:10
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Euro in calo, rendimenti dei Treasury decennali in picchiata e azioni indecise sulla direzione da prendere. Se qualcuno, dopo i primi giorni di gennaio, caratterizzati da una relativa calma, aveva pensato che la crisi europea fosse avviata verso la soluzione allora è bene che rifaccia i conti e torni a studiare le proprie strategie.

A ricordare ai mercati che il 2012 sarà un anno duro come il 2011 (e forse di più), ci ha pensato l’agenzia di rating Standard&Poors’ quando venerdì 13 gennaio ha annunciato di aver tagliato di un gradino il giudizio di Francia e Austria e di due quello di Italia, Spagna e Portogallo. Ad oggi sono 14 i paesi dell’Eurozona che hanno un outlook negativo da parte della società americana di analisi. A complicare la situazione ci si sono messi dati macro non sempre confortanti da parte degli Stati Uniti e le crescenti tensioni politiche con l’Iran. “Siamo da poco entrati nel 2012, già l’anno nuovo sembra molto simile al 2011”, spiega Kristina Hooper, responsabile per le strategie di portafoglio di Allianz Global Investors. “Il mix di buone e cattive notizie ha come risultato una forte volatilità e la fuga degli investitori dall’azionario”.

Le forbici di S&P
Fra le decisioni prese dall’agenzia di rating che più hanno colpito la fantasia della stampa finanziaria ci sono state il taglio del giudizio sulla Francia (da AAA ad AA+) e quello sui bond italiani che ora sono nella categoria BBB+ (l’ultimo gradino per essere considerati ancora investment grade, cioè degni di essere presi in considerazione). I downgrade di Standard & Poor’s sono avvenuti contemporaneamente all’annuncio della sospensione delle trattative della Grecia con i suoi creditori privati per la ristrutturazione del debito in seguito ai contrasti in merito all’ammontare delle perdite per gli obbligazionisti, con il conseguente rischio di insolvenza in marzo da parte di Atene. Tutte situazioni che rischiano di preoccupare le persone gli investitori privati e le famiglie (per un approfondimento clicca qui).

Gli annunci di S&P non hanno invece sconvolto più di tanto gli operatori. Il ministro francese delle finanze, Francois Baron, ad esempio, ha detto di non essere molto sorpreso. “Il downgrade della Francia era largamente atteso e avrà conseguenze meno gravi di quanto avrebbe potuto avere un declassamento più generalizzato dei Paesi con rating AAA, fra cui la Germania”, spiega una nota firmata da Andrew Wells, Chief investment officer obbligazionario di Fidelity. “Sia l’Italia che il Portogallo hanno subito un downgrade di due livelli, facendo arretrare l’Italia allo stesso rating dell’Irlanda e allineando il rating di Standard & Poor’s sul Portogallo a quelli già assegnati da Fitch e Moodys. Sorprende l’outlook negativo attribuito alla Finlandia, la quale sotto molti punti di vista ha fondamentali più solidi della Germania. Notizie positive, invece, per Belgio e Irlanda che hanno evitato il declassamento. In particolare, l’Irlanda è stata premiata per l’impegno nelle riforme fiscali. La Slovacchia, infine, è riuscita a limitare i danni in quanto, nonostante l’abbassamento di un livello, rimane con la Germania l’unico Paese con un outlook stabile”.

Le scelte operative
E proprio sulla Germania si stanno concentrando gli investitori. “E’ l’unico Paese che esce immune da questa ondata di tagli e resta il solo Stato sovrano dell’Eurozona a mantenere la tripla A e un outlook stabile. Ci si aspetta, quindi, un aumento dei flussi verso i titoli di stato tedeschi considerati un porto sicuro”, continua Weels. “Venerdì 13 gennaio il rendimento dei decennali tedeschi era sceso all’1,75% in concomitanza con il diffondersi delle voci sui downgrade. Dal momento che S&P ha citato l’accesso al mercato e i costi del finanziamento del debito pubblico tra le ragioni alla base delle sue decisioni, l’ondata di downgrade è un’azione che sostiene il trend in corso a favore della Germania e a danno degli altri Paesi dell’Eurozona”. La situazione è più delicata per chi investe in azioni e si trova alle prese con un mercato dai movimenti molto repentini. In un quadro del genere, secondo Hooper di Allianz conviene avere strategie di lungo periodo, meno influenzabili dalle notizie quotidiane e dalla volatilità.

Salva-stati a rischio?
Nelle scelte operative bisogna comunque tenere conto degli effetti che i downgrade potrebbero avere sulla capacità di finanziamento degli stati e, soprattutto, sul futuro dello European Financial Stability Facility (Efsf, il fondo cosiddetto salva-stati). Dalla sua capacità di dare sicurezza e soldi, infatti, dipendono le sorti dei paesi europei più a rischio e, a ruota, gli andamenti dei mercati azionari. Standard & Poor’s, in conseguenza dei tagli fatti in Europa, ha abbassato il rating a lungo termine dell’Efsf ad AA+ da AAA e ha confermato il rating a breve ad A-1+.

La struttura del fondo è complessa. Innanzitutto va detto che non è ricco abbastanza per coprire le perdite del debito sovrano di Spagna e Italia, ad esempio. Inoltre, invece che essere finanziato da versamenti diretti dei paesi dell’Eurozona vive grazie a emissioni obbligazionarie garantite dagli stati delle regione, in proporzione alla loro quota di partecipazione al capitale versato alla Bce. Il sistema piace a banche e assicurazioni che fanno la fila per assicurarsi i bond dell’Efsf. Se non altro per i 100 punti base di rendimento in più che offre rispetto ai titoli di stato tedeschi (la Germania garantisce il 30% del fondo).

“La capacità di prestare soldi dell’Efsf si fonda più sulla fiducia che gli obbligazionisti hanno nella capacità che governi europei (Germania in testa) hanno di risolvere la crisi che sui rating delle agenzie”, spiega uno studio di Oppenheimer Funds. “Va ricordato che S&P ad agosto ha abbassato il giudizio sugli Usa e subito dopo i Treasury hanno fatto un rally. E anche la Francia, nonostante tutto, è riuscita a piazzare le sue obbligazioni a tassi di interesse bassi. Inoltre, chi investe nelle emissioni del Salva-stati ne conosce la struttura e non ha bisogno che un’agenzia di rating gli spieghi quali sono i problemi”.

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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