Meglio non farsi illudere dai rialzi registrati dalle Borse nelle prime sedute dell’anno. La volatilità, dicono, gli operatori sta per tornare ad agitare le giornate di trading degli investitori. Molti degli elementi che hanno determinato movimenti repentini degli indici nel 2011 del resto, sono ancora sul tavolo: gli sviluppi della crisi del debito nell’Unione europea, la recessione del Vecchio continente, la situazione della disoccupazione negli Stati Uniti e i risultati macroeconomici della Cina.
Tutti fattori che guadagnano l’onore delle prime pagine e condizionano le strategie quotidiane dei trader. “I mercati mondiali, ancora una volta, assistono a quello che hanno visto ogni volta che c’è stata una fase di recupero dopo una crisi finanziaria”, spiega Bill Russo, amministratore delegato della società di consulenza Securus Financial Strategies (Sfs). “Si tratta di situazioni che non possono essere risolte nel giro di un giorno. Richiedono, invece, soluzioni che possono impiegare un decennio per essere efficaci. E ogni volta i mercati seguono lo stesso sentiero: prima il declino e poi il recupero, a cui segue un periodo di tre-cinque anni di forte volatilità”. Un andamento che spesso può paralizzare gli investitori, soprattutto in un momento in cui le notizie sulla situazione in alcune aree importanti del mondo sono allarmanti.
La volatilità è normale
Per altri, invece, i tempi incerti rappresentano un’opportunità. “I periodi di alti e bassi sono normali”, continua Russo. “E ogni volta si è arrivati a un momento in cui gli indici hanno ripreso a viaggiare al rialzo”. Uno studio di JP Morgan, che copre un periodo di 30 anni, dimostra che i periodi di volatilità sono normali. Ogni anno a partire dal 1980 i mercati (mediamente) hanno fatto segnare ribassi per un totale del 14,3%. In 24 di queste occasioni, tuttavia, gli indici hanno terminato l’anno con valori più alti di quando l’avevano iniziato.
La lista degli avvenimenti preoccupanti, che nel corso della storia hanno dato il via a momenti di volatilità, è lunga: la Seconda guerra mondiale, la guerra di Corea, la crisi dei missili a Cuba, la guerra del Vietnam, l’embargo petrolifero arabo, le dimissioni del presidente Usa, Richard Nixon, la crisi finanziaria dell’America latina, gli ostaggi dei terroristi in Iran, il crollo dell’hedge fund Long Term Capital Management, la crisi asiatica, il baco del 2000 e l’11 Settembre. Tutti avvenimenti che hanno pesato sui mercati ma che, alla fine, non gli hanno impedito di muoversi al rialzo. “Se studiamo bene la storia dei mercati finanziari, ci accorgiamo che ci sarebbe sempre stato un buon motivo per non investire, per aver paura o per liberarsi dei propri investimenti”, spiega uno studio della società di consulenza Oxford Analytica. “Tutte le volte, però, si sarebbe fatto un errore”. Senza contare – e questo vale soprattutto per il presente – che molte aziende sono sicuramente più solide degli stati (le analisi hanno dimostrato che nei bilanci di Apple ci sono più soldi che in quelli del Tesoro Usa).
Il mercato, quindi, non presenta rischi per gli investitori in azioni? “I pericoli ci sono”, risponde Russo di Sfs. “Uno dei più grave è l’inflazione, che erode quello che una persona guadagna anche in Borsa. La volatilità, invece, non è una minaccia ma un elemento che fa parte della normale attività di investimento”.
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