Il 20% non è per tutti. Dal 1° gennaio è aumentata l’aliquota sulle rendite finanziarie, ma alcuni strumenti finanziari sono rimasti assoggettati all’imposta del 12,5%. Si tratta dei titoli di Stato italiani (ed equiparati come i buoni postali e le emissioni di regioni, province e comuni), di quelli esteri emessi da nazioni che consentono un adeguato scambio di informazioni e sono quindi compresi in un apposito elenco (cosiddetta White list contenuta nel decreto ministeriale del 4 settembre 1996) e infine di obbligazioni di enti sovranazionali riconosciuti.
Non solo BoT people
L’aliquota ridotta non vale solo per i possessori diretti di questi titoli, ma anche per gli investitori in fondi comuni di investimento e sicav italiani ed esteri, in fondi chiusi quotati, in Etf e polizze assicurative (vita e di capitalizzazione) per la parte di redditi derivanti da tali strumenti. Il decreto del Ministero dell’economia e delle finanze del 13 dicembre 2011 ha dettato le regole per la determinazione di tali proventi. In particolare per gli organismi di investimento collettivo (Oicr) ha stabilito che la quota è calcolata secondo un criterio forfettario di tipo patrimoniale, come percentuale media dell’attivo investita (direttamente o indirettamente) nei titoli pubblici italiani ed esteri (il calcolo avviene a livello di fondo e non di singola classe).
Il calcolo
La percentuale media è rilevata sulla base degli ultimi due prospetti semestrali o annuali, redatti entro il semestre solare anteriore alla data di distribuzione dei proventi, di riscatto, cessione o liquidazione delle quote. Ad esempio, fino al 30 giugno 2012, il dato utilizzato è quello che si ottiene prendendo i valori della relazione semestrale del 30 giugno 2011 e il rendiconto annuale al 31 dicembre 2010. Il decreto stabilisce anche come calcolare la base imponibile per l’applicazione della ritenuta. Nel dettaglio, i proventi dei titoli pubblici italiani ed esteri sono soggetti al 20% nel limite del 62,5% del loro ammontare (lo stesso discorso vale per le perdite che potranno essere portate in deduzione per lo stessa percentuale).
L’applicazione della ritenuta è in capo al sostituto d’imposta che è la società di gestione per i fondi italiani, la banca corrispondente per gli esteri e l’intermediario per quelli chiusi quotati e gli Etf. L’investitore privato, dunque, non deve preoccuparsi dei calcoli relativi ai titoli pubblici. Se vuole però informarsi al riguardo può incontrare qualche difficoltà, perché il decreto non prevede specifiche modalità di diffusione delle informazioni e manca ancora la circolare dell’Agenzia delle entrate che dovrebbe dare indicazioni valide per tutti.
Dove informarsi
Assogestioni, l’associazione delle società di risparmio gestito, ha suggerito di considerare valide quattro modalità: i prospetti contabili, il sito internet della società, le comunicazioni ad hoc e altri canali di soggetti terzi, come gli information provider e Borsa italiana. Ha anche predisposto un modello per agevolare la comunicazione dei dati. Queste proposte, tuttavia, non sono vincolanti.
La questione della trasparenza è particolarmente delicata per gli Etf, in quanto l’emittente non è in grado di attestare la titolarità delle azioni. I provider hanno quindi la necessità di dare visibilità alla percentuale di titoli White list e assimilati che hanno in portafoglio, in modo che gli intermediari possano calcolare correttamente la ritenuta sulle rendite finanziarie. In assenza di standard comuni, molti emittenti hanno scelto di pubblicare le informazioni sul sito societario, così anche gli investitori privati possono verificare la corretta applicazione della tassazione.
Zone d’ombra
Nel complesso, l’entrata in vigore della nuova disciplina è stata accompagnata da molti problemi. Non a caso, il legislatore è intervenuto più volte per razionalizzarla. Recentemente, il ritocco ha riguardato i pronti contro termine, operazioni medianti le quali vengono ceduti all’investitore titoli che l’intermediario si impegna a riacquistare a una data scadenza a un prezzo più alto. I proventi sono assoggettati al 20% a meno che abbiano per sottostante i titoli con aliquota ridotta. Senza quest’ultima precisazione sarebbe stato necessario distinguere il rateo della cedola del titolo sottostante dallo scarto di prezzo, con conseguente complicazione dei calcoli. Esistono ancora criticià, invece, in merito alla corretta interpretazione dell’elenco delle emissioni obbligazionarie da considerare soggetti al 12,5%.
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