Gli investitori in obbligazioni è meglio che si mettano il cuore in pace. Secondo alcuni operatori, infatti, le scorse settimane hanno segnato la fine del periodo d’oro dei bond. Nell’ultimo mese l’indice BarCap del segmento è rimasto praticamente invariato, mentre da inizio anno ha perso quasi l’1,5%. Il mercato globale dei bond da metà del 2007 ha dato rendimenti medi del 29% che hanno permesso agli investitori più accorti e diversificati di contenere le perdite dei listini azionari arrivate con lo scoppio della crisi dei subprime.
Un’era al crepuscolo
Ma al di là delle performance degli indicatori, a dire che sta per finire un’era è il contesto economico-finanziario. Dagli Stati Uniti continuano ad arrivare segnali che la ripresa congiunturale può continuare. Un’eventualità che, se confermata, potrebbe portare la Federal Reserve ad alzare i tassi di interesse americani già nel 2013. E poco importa che il presidente della Banca centrale Usa abbia detto di non volerli toccare fino al 2014 e abbia appena lanciato un allarme sulla situazione del mercato del lavoro a stelle e strisce. Quello che conta, soprattutto in un segmento sensibile come quello del debito, sono le percezioni degli investitori. Soprattutto se vengono confortate da dati come quello dell’indice economico generale delle Fed di New York che, per il mese di marzo, ha segnato 20,2, il massimo da giugno 2010.
In Europa, intanto, al di là degli andamenti giornalieri di alcune obbligazioni governative contro il Bund tedesco che segnalano l’umore dei mercati nei confronti della crisi del debito Ue, sono in pochi a credere a nuove manovre accomodanti da parte della Bce. “Il mercato dei bond ha goduto di un lungo rally. Ma quel periodo è finito”, dice senza mezzi termini una nota ai clienti di Ubs.
I dubbi sulla Fed
Nello stesso documento si sottolinea che, a questo punto, un nuovo round di acquisti obbligazionari da parte della Fed è da escludere alla luce di una ripresa che dovrebbe continuare e di un risveglio di molte economie emergenti atteso per la seconda metà dell’anno. Anche la recessione europea, aggiungono gli analisti della banca svizzera, ormai sembra non spaventare più nessuno.
Non tutti sono così categorici. Gli analisti di Credit Suisse, ad esempio, pur concordando sulla tenuta dell’economia globale, non se la sentono di escludere nuove manovre da parte degli istituti monetari. “Crediamo che la politica della Fed sarà ancora di tipo accomodante”, spiega un report degli economisti della banca elvetica. “La tempistica, tuttavia, dipenderà dai dati macroeconomici che usciranno".
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