Più che delusi o spaventati i mercati sembrano essere stati frastornati dai risultati delle elezioni che si sono tenute in giro per l’Europa nello scorso fine settimana. Gli occhi degli operatori erano puntati soprattutto sulla Francia e sulla Grecia. Nel primo caso si voleva vedere se avrebbe retto la parte francese dell’asse cosiddetto Merkozy improntato a una linea di rigore nei conti dei paesi più deboli dell’Eurozona. Nel secondo si voleva vedere chi, fra i pro e i contro alla linea di austerità l’avrebbe avuta vinta davvero (anche se il risultato era abbastanza scontato).
La vittoria Oltralpe e nella penisola ellenica delle formazioni contrarie ai provvedimenti lacrime e sangue imposti dall’Unione europea, dalla Bce e dal Fondo monetario internazionali non è stata salutata dal panic selling che qualcuno aveva pronosticato. A una raffica di vendite iniziali, che ha portato gli indici europei a perdere il 2% è poi seguita un’accelerazione.
La Grecia saluta l’euro
La situazione più delicata resta quella della Grecia che sprofonda sempre più nel caos politico post-elezione. Anche il leader della sinistra radicale Alexis Tsipras, ha rimesso l’incarico per la formazione dell’esecutivo vista l’impossibilità per lui di raggiungere la maggioranza con le sole forze di sinistra. E’ stata invece abbandonata qualunque apertura ai partiti pro fondo europeo. Il mandato è così passato nelle mani del leader dei socialisti Evangelos Venizelos. La palla, in caso di fallimento, andrebbe alla Riunione dei leader dei partiti che, in base alla Costituzione, potrà essere convocata dal presidente della Repubblica come ultimo tentativo per dare una soluzione al problema con un governo di unità nazionale.
Gli osservatori, tuttavia, danno per certo un nuovo ricorso alle urne con la probabile vittoria della sinistra. “Il problema greco è diventato interamente politico”, spiega uno studio di Bruno Cavalier, capo economista di Oddo Securities. “Il futuro del paese dipenderà dalle prossime elezioni che diventeranno un vero referendum pro o contro l’euro”: ma quale sarebbe l’impatto sull’Eurozona di un’uscita di Atene dall’Unione monetaria? “Il rischio di una destabilizzazione finanziaria è stato ridotto, almeno per gli investitori privati dall’operazione di marzo con cui quasi tutti hanno avuto la possibilità di diminuire la loro esposizione al paese. C’è tuttavia il rischio di un contagio ad altri paesi. Se non altro in termini di incertezza che un evento del genere creerebbe riguardo all’intera zona euro. Tuttavia il rischio che un altro stato della regione si avvicini all’uscita dalla moneta unica è praticamente pari a zero. La Grecia diventerà immediatamente un esempio da non seguire e il suo ritiro dall’euro potrebbe fare da magnete per una maggiore coesione fra gli altri paesi”.
L’asse franco-tedesco
Più chiara la situazione in Francia, che è passata a sinistra per la prima volta dopo 17 anni. Le intenzioni del nuovo presidente riguardo all’atteggiamento che terrà il suo paese nei confronti della crisi saranno subito messi alla prova. I test saranno molteplici con incontri in Germania, un G8 negli Stati Uniti il 18 e 19 maggio e a seguire un vertice della Nato a Chicago. L’agenda internazionale si sovrapporrà a quella interna, che prevede le elezioni del parlamento (le legislative) al termine delle quali Monsieur le President dovrà consolidare il suo potere. “Gli appuntamenti internazionali sono fondamentali”, dice Cavalier. “Hollande, la cui opposizione ai piani di austerità sono stati un elemento chiave della sua campagna dovrà dimostrare al partner tedesco che la sua visione di crescita è compatibile con il fiscal compact. E non sarà u compito facile”.
All’interno di un quadro già composito vanno aggiunge le elezioni regionali in Germania che stanno mostrando una sostanziale debolezza degli uomini legati al cancelliere Angela Merkel. Cosa succederà adesso alla strategia anticrisi dell’Europa. “Lo scenario più probabile appare un mutamento di rotta delle politiche economiche dei Paesi dell’Eurozona verso una maggiore attenzione agli interventi volti a stimolare la crescita, ma le modalità attraverso le quali i politici e i vertici della Bce ritengono opportuno operare sono molteplici e spesso in contrasto tra loro”, spiega uno studio di Banca intermobiliare. “Realizzare il Growth compact sarà un’impresa lunga e difficile. In ogni modo Angela Merkel rischia di rimanere sempre più isolata politicamente ed un eventuale sconfitta nella Renania Westphalia giocherebbe a suo sfavore anche sul fronte interno, soprattutto se da queste elezioni uscissero sconfitti anche i Liberali e rafforzata la Spd, che risulta decisiva anche per la ratifica del fiscal compact in Parlamento”.
Le scelte operative
Quali sono a questo punto le scelte operative. “Noi nei giorni precedenti alle elezioni abbiamo deciso di sottopesare l’equity europeo alla luce delle incertezze che le elezioni avrebbero portato e della mancanza di una soluzione alla crisi nel breve termine”, spiega John Velis, capo della ricerca sull’area Emea di Russell Investments. Non è successo niente che ci convinca a cambiare idea”.
Più ottimista, ma comunque cauto, Eric Le Coz, Deputy managing director di Carmignac Gestion. “Con tutta probabilità la zona euro non imploderà, ma un nuovo intervento della Bce è da prevedere solo nell’eventualità di una grave crisi”, dice. “In ogni caso, l’economia dell’Eurozona resta il principale rischio globale per un gestore di portafoglio. I mercati azionari dell’area sono di conseguenza il principale portatore di rischi per i mercati borsistici, in quanto in grado di riaccendere l’avversione al rischio”.
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