Eurolandia resterà unita e la moneta unica continuerà ad essere la sua valuta. Fanno professione di ottimismo gli operatori in vista del meeting dei leader dell’Unione che anche il Cancelliere tedesco Angela Merkel ha definito “cruciale” per i destini della regione. “In qualità di investitore di lungo periodo ritengo che l’ottimismo sia parte del lavoro”, dice uno studio firmato da Mark Mobius, gestore di Franklin Templeton. “Secondo me i leader europei sono sulla strada giusta nonostante le differenze fra i Paesi pro austerità (come la Germania) e quelli contrari (come la Grecia). L’aspetto più importante di questa situazione è che i politici della regione stanno cercando di fare del loro meglio per mettere insieme un patto fiscale, per rafforzare la loro alleanza e per rendere più sicuro l’euro. Tutto questo richiederà tempo e pazienza, ma alla fine sono convinto che porterà dei risultati”.
Qualche segnale positivo in realtà si è già visto. La Grecia, che aveva trasformato le elezioni generali di maggio in un referendum sull’euro, nella consultazione del 17 giugno sembra aver accettato un approccio più morbido alla questione del debito e ha fatto vincere una coalizione pronta ad eseguire i diktat della cosiddetta Troika (Ue, Bce e Fmi). “Si fa un gran parlare della permanenza o meno della Grecia nel perimetro dell’euro”, continua Mobius. “Non abbiamo ancora la risposta definitiva. Io credo che Atene possa restare nella zona della moneta unica e riformare la sua economia per darle un futuro brillante. Ma questo solo se i suoi governanti saranno in grado di mettere un freno agli sprechi e di eliminare le barriere che impediscono la crescita delle imprese. Tuttavia, se per qualche motivo la Ue dovesse obbligarla ad uscire dalla moneta unica o il paese decidesse di utilizzare le dracme, credo che i greci userebbero ancora anche gli euro. Quindi, di fatto, non lascerebbe del tutto il sistema monetario di Eurolandia”.
Non c’è alternativa all’euro
Resta da capire quale sarà il futuro della moneta unica. La Optimal Currency Area Theory elaborata nel 1961 dall’economista Robert Mundell dice che una valuta, per funzionare bene deve soddisfare almeno una di tre condizioni. Primo: la migrazione all’interno di una regione deve essere libera e facile. Secondo: ci deve essere un organismo centrale che si occupi delle questioni fiscali per conto di tutti i paesi aderenti. Terzo: i prezzi e i salari devono poter essere rivisti al ribasso velocemente in caso di crisi. “Nessuna di queste tre condizioni viene soddisfatta dall’euro”, dice John Rekenthaler, vice presidente della ricerca di Morningstar. “Nel caso della moneta unica però, la questione si può guardare sotto un’altra prospettiva. E’ vero che la divisa europea non soddisfa la Optimal Currency Area Theory, ma è altrettanto vero che non ci sono alternative. I commerci internazionali sono più grandi in Europa (dove rappresentano l’80% del Pil di Paesi come l’Olanda e il Belgio) rispetto agli Stati Uniti (10%-15%). Avere diverse valute, con i costi legati al cambio, è una soluzione insoddisfacente. Anche avere tassi di cambio fissi non convince, visto che i capitali andrebbero nei paesi che offrono i tassi di interesse maggiori. Quindi, nonostante le sue imperfezioni, la moneta unica sembra la soluzione migliore”.
Certo, qualche Paese debole potrebbe mollare la zona euro ma gli stati più grandi continuerebbero ad adottare la valuta comunitaria. Potrebbe un euro meno condiviso valere di meno? “Non è detto”, risponde uno studio del professore di economia dell’Università del Michigan Jim Adams. “Le monete non si deprezzano da sole, ma in rapporto con altre valute. La maggiore controparte dell’euro è il dollaro americano. Ma alcuni dei problemi europei sono gli stessi con cui hanno a che fare gli Usa: scarsa crescita, incertezza politica e alti debiti. Quindi non è detto che la valuta unica possa perdere terreno nei confronti del biglietto verde”.
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