I farmaceutici si sanno difendere. Sia dalla perdita di brevetti importanti, sia dal rallentamento economico globale. L’indice Msci del settore a livello mondiale nell’ultimo mese (fino al 20 luglio e calcolato in euro) ha guadagnato il 7%, portando a +17,2% la performance da inizio anno.
“Molte aziende di questo comparto, secondo l’opinione comune che circolava fino a qualche mese fa, quest’anno avrebbero pagato cara la scadenza dei brevetti di alcuni farmaci che contribuivano in maniera determinante ai loro bilanci”, spiega Damien Conover, direttore della ricerca sui titoli farmaceutici di Morningstar. “In realtà queste società hanno saputo dimostrare di essere in grado di adattarsi alla situazione: hanno tagliato i costi e hanno messo nella linea di produzione (la cosiddetta pipeline, Ndr) medicinali per curare nuove malattie. Questo, unito al pessimismo sul settore che c’era fino a qualche tempo fa, ha come risultato una continua sottovalutazione del comparto che secondo noi è mediamente del 10%”.
Il settore è ancora difensivo
Un elemento che, tuttavia, non va sottovalutato, è quello della crisi di alcune zone del mondo che si sta traducendo in momenti di forti vendite sui listini mondiali. Un fattore che, in più di un’occasione (e da quando sono arrivate le varie ondate di difficoltà iniziate con la tempesta dei subprime), ha pesato sulle quotazioni di un settore che da sempre viene considerato difensivo come il pharma. “Bisogna guardare la questione sotto un’altra prospettiva”, dice Conover. “Se osserviamo i momenti di debolezza del mercato che si sono susseguiti dal 2007 e mettiamo in relazione l’andamento del comparto farmaceutico notiamo che i titoli di molte aziende del settore in realtà calavano per problemi legati a dinamiche delle singole società. Queste azioni, infatti, continuavano a scendere anche quando la Borsa si riprendeva. Adesso, invece, si torna a guardare al pharma come a un segmento difensivo. E questo grazie alle soluzioni che le società hanno trovato per far fronte alla vendita dei brevetti che permetteranno loro di mantenere la rotta anche in fasi di recessione”.
Questo non significa che il farmaceutico sia tutto uguale. Soprattutto dal punto di vista geografico. La crisi in Europa, ad esempio, a causa dell’introduzione di piani di austerità che intaccheranno anche le politiche sanitarie, rischia di pesare sulle aziende farmaceutiche che hanno come mercato di riferimento quello del Vecchio continente. “Chi lavora con gli Stati Uniti e con i mercati emergenti, invece, ha a che fare con situazioni più favorevoli e può anche fare leva sui prezzi dei prodotti”, conclude l’analista.
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