Il Giappone si preoccupa sia per quello che succede in Europa, sia per quello che accade in casa. Il risultato è che l’indice Msci del Sol levante (che pure da inizio anno ha portato a casa, in euro, un +3,5%) nell’ultimo mese (fino al 27 luglio) ha perso lo 0,4%.
La situazione di crisi e recessione del Vecchio continente rischia di avere effetti pesanti su un paese che vive principalmente di esportazioni. A maggio il current account (sostanzialmente la differenza fra importazioni ed esportazioni) è stato di 2,7 miliardi di dollari (il livello minimo dal 1985) ma ha mostrato segni di debolezza nel corso dell’intero secondo trimestre. Il calo di richieste è stato particolarmente marcato nel settore della chimica e in quella aerospaziale. A questo va aggiunto l’aumento delle importazioni di materiale energetico per far fronte alla chiusura degli impianti nucleari seguita al terremoto dell’11 marzo 2011.
I problemi in casa
Il fronte interno non è meno complesso. Il governo nipponico, guidato dal premier Yoshihico Noda sta facendo pressione sul Parlamento affinché venga alzata la tassa sui consumi portandola dall’attuale 5% all’8%. Si tratta dell’ennesimo tentativo per cercare di dare ossigeno alle casse di un paese che ha un debito pubblico pari al 223% del Pil. Tuttavia, potrebbe non essere ricetta giusta. Secondo i calcoli del Japanese Cabinet Office’s Economic and Social Research Institute, infatti, la crescita del balzello contribuirebbe a rimpinguare l’erario ma, ogni punto percentuale di aumento, si mangerebbe lo 0,32% del Pil.
La Bank of Japan, intanto, ha previsto che l’economia nazionale nell’anno fiscale 2012 registrerà una crescita del 2,3% mentre l’inflazione (esclusi i generi alimentari) aumenterà dello 0,3% per poi passare allo 0,7% nel 2014. L’istituto centrale, dicono però gli economisti, potrebbe intervenire per dare una scossa all’economia. Così come ha fatto nel primo trimestre, indebolendo lo yen e favorendo in questo modo le esportazioni. Una scelta che ha permesso al Pil nazionale di crescere, nel periodo gennaio-marzo, del 4,1%. Un andamento che ha colto di sorpresa gli operatori.
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