L’industria degli Etf ha vissuto una piccola rivoluzione lo scorso 25 luglio, quando l’Esma (European Securities and Markets Authority) ha pubblicato nel suo ultimo rapporto una serie di linee guida per il mercato europeo dei replicanti (per approfondire, clicca qui). Le nuove politiche hanno lo scopo di portare maggiore trasparenza nell’industria e benefici per gli aderenti. Alcuni ritengono che le nuove regole si tradurranno in remunerazioni maggiori per gli investitori finali, ma questo non è necessariamente vero.
Fatta la legge...
In base ai criteri indicati nel documento di consultazione, i gestori devono restituire tutte le entrate, al netto dei costi, generate tramite il prestito titoli agli aderenti del fondo. Le case di gestione dovranno inoltre indicare nel prospetto eventuali commissioni, dirette o indirette, e i costi legati al prestito titoli, oltre che l’identità delle parti coinvolte.
Dal punto di vista della trasparenza, le nuove politiche sono ideali per gli investitori, i quali sono finora stati per lo più all’oscuro di come procede esattamente l’attività di prestito titoli. Ma i nuovi orientamenti non significano necessariamente che verranno garantite agli investitori finali maggiori entrate, o che le operazioni di prestito titoli saranno meno redditizie per le case di gestione.
...trovato l’inganno (possibile)
L’obbligo di restituzione del 100% dei ricavi derivanti dalle operazioni di prestito titoli è, sulla carta, fantastico. Ma quando è al netto delle spese dirette e indirette e dei costi (e i gestori possono allocare le commissioni e le spese come meglio credono) allora la stipula perde molta forza.
La logica è simile a quella che vige nell’industria del cinema Usa, che ha spinto lo sceneggiatore David Mamet a dichiarare che a Hollywood “non esiste il netto”. Infatti, è accaduto più volte che alcuni collaborati avessero diritto ad una percentuale dei guadagni netti di un determinato film. Ma i contabili degli studios spesso allocano spese e costi in modo tale che anche i film più popolari siano tecnicamente in pareggio.
Naturalmente, lo spirito delle nuove politiche sul prestito titoli è positivo per gli investitori, quindi è del tutto possibile che alcuni emittenti decidano di attenersi a quell’idea e di prendere misure per assicurarsi che i gli aderenti ottengano maggiori benefici da queste operazioni. Ma questa non è una conclusione scontata.
Nel prestito titoli i costi possono essere sostenuti in diverse fasi del processo, prima che l’investitore ottenga accesso a ciò che rimane alla fine. Tali costi possono variare da sconti ai mutuatari titoli al fine di facilitare le relazioni, a spese legate agli agenti di prestito e alla custodia, a commissioni derivanti da investimenti effettuati con il cash collateral, ai costi per organizzare il servizio. Allo stato attuale, un emittente potrebbe pretendere di dividere le entrate del prestito titoli a metà con gli investitori del fondo. In ottemperanza alle nuove linee guida, l’emittente potrebbe mantenere lo stesso importo per se stesso sotto forma di commissioni per poi distribuire il resto agli investitori. L’unica vera differenza è che a questo punto le commissioni dovranno essere indicate nel prospetto.
Vince la trasparenza
Tuttavia, il documento di consultazione dell’Esma mette in luce una questione importante, che abbiamo spesso sostenuto anche noi di Morningstar, ovvero che gli investitori sono coloro che sostengono il rischio per le operazioni di prestito titoli e dovrebbero quindi raccogliere la maggior parte della ricompensa. La grande vittoria qui è una maggiore trasparenza. Quando queste politiche saranno emanate potremo finalmente sapere quali onorari e quali spese vengono sostenute quando i titoli che gli investitori stessi possiedono sono prestati. Infatti, le linee guida si applicano a tutti i fondi Ucits, non solo agli Etf, in modo che il miglioramento sia ancora più pronunciato per i fondi comuni tradizionali, i cui investitori sono generalmente alle prese con una trasparenza ancora inferiore.
La speranza è che una maggiore trasparenza faccia scendere le spese a capo degli investitori, rendendole più evidenti e spingendo ad una maggiore pressione competitiva sui prezzi dei fondi. Un’altra speranza è che le case di gestione siano spinte a rimodellare il loro approccio filosofico al prestito titoli, assicurando che gli investitori finali ricevano la maggior parte dei proventi. Nel frattempo, però, non vi è alcuna garanzia che questo avvenga davvero.
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