La terra in portafoglio

La siccità fa impennare i prezzi delle derrate agricole. Lo shock aggrava una situazione resa delicata dall’aumento della domanda nei paesi emergenti.

Valerio Baselli 29/08/2012 | 09:06
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“L’inferno non è mai tanto scatenato quanto una donna offesa”, scriveva William Shakespeare. Se poi la donna in questione è Madre natura, le ripercussioni si amplificano. Per la terza volta in cinque anni, infatti, il mondo vive una crisi alimentare, dovuta principalmente alla siccità più grave degli ultimi 50 anni che sta flagellando il midwest americano e che ha costretto lo scorso 30 luglio il Dipartimento dell’agricoltura degli Stati Uniti a tagliare di oltre la metà le stime per i raccolti di mais e di soia. Conseguenza, prezzi schizzati alle stelle. In Europa, i contratti futures a breve termine sul mais sono saliti del 60% negli ultimi due mesi.

Implicazioni per l’industria alimentare
I prezzi del mais e della soia hanno recentemente superato i massimi raggiunti nel 2008. Nel frattempo, il prezzo del grano è salito di oltre il 40% da inizio giugno, portandosi vicino ai livelli record del 2008. Solo il riso, dove le scorte sono abbondanti, non partecipa al trend rialzista.

Ma non finisce qui. Crescita economica e benessere in aumento nei paesi emergenti, come la Cina, l’India e il Brasile, stanno permettendo a un gran numero di persone di migliorare la loro dieta con l’aggiunta di più proteine​​, cioè carne e prodotti lattiero-caseari, il che sta facendo lievitare i prezzi di questi articoli. A sua volta, la richiesta di carne ​​ha un significativo impatto trainante sulla domanda di grano, sotto forma di mangime. In effetti, ci vogliono sette chili di grano per produrre solo un chilogrammo di carne.  

“L’aumento dei prezzi di mais e soia è particolarmente dannoso in quanto entrambi gli elementi sono gli ingredienti principali di mangimi per bovini, suini e polli, il che si traduce in una probabilità molto alta di un conseguente aumento dei prezzi per la carne e i prodotti a base di carne”, si legge in un report a cura di Fidelity Worldwide Investment. “Questo spiega perché i produttori statunitensi di bestiame e pollame siano stati in prima linea nel chiedere che la US Environmental Protection Agency sospenda lo Standard Renewable Fuel , ovvero il mandato del Congresso che richiede più di 13 miliardi di galloni di olio di mais da utilizzare in carburante per il trasporto nel 2012”.

Sempre più sensibili agli schock
Nel 2008, le commodity agricole balzarono in contemporanea allo scoppio di diverse rivolte nei paesi in via di sviluppo, dopo che l’Onu aveva ammesso che  nel mondo ci sono più di un miliardo di persone che soffrono la fame. Nel 2010, una serie di incendi in Russia, che spinsero il governo verso l’embargo all’esportazione del grano, creò una spirale dei prezzi dei cereali. Quest’anno è appunto il turno della peggiore siccità degli Stati Uniti in mezzo secolo e della legislazione ambientale food for fuel (cibo per carburanti), che assicura rifornimenti all’industria dei bio-carburanti. I driver a breve termine sono diversi di volta in volta, ma i risultati sono gli stessi: l’approvvigionamento alimentare globale è oggi molto sensibile agli shock e quindi più volatile che in passato.

Fattori di lungo periodo
La Banca mondiale stima che la domanda di cibo aumenterà del 50% entro il 2030, soprattutto a causa della crescita della popolazione e del cambiamento nei regimi alimentari. “La popolazione mondiale sta aumentando di circa l’1% all'anno”, si legge nello studio di Fidelity. “Potrebbe non sembrare molto, ma significa ulteriori 70 milioni di bocche da sfamare ogni anno. Il catalizzatore di questa crescita della popolazione è in arrivo dal mondo in via di sviluppo. L’esplosione demografica pone una seria sfida per la produzione alimentare, in particolare se si considera che la quantità di terreni coltivabili nel mondo si è costantemente ridotta negli ultimi anni a causa dell’industrializzazione e dell’urbanizzazione”.

Quale ruolo in portafoglio
Premettendo che il balzo attuale è dovuto ad un fattore di breve periodo (la siccità negli Usa), fattori come la crescita della popolazione mondiale, i cambiamenti nella dieta nelle economie in via di sviluppo e la diminuzione del suolo fertile, suggeriscono che le commodity agricole possano far parte di un’asset allocation diversificata che guarda al lungo periodo.

“Dal punto di vista della costruzione del portafoglio, le materie prime sono sempre state utilizzate dagli investitori, grazie alla loro bassa, e a volte negativa, correlazione con le azioni e i titoli a reddito fisso”, spiega Lee Davidson, analista Etf di Morningstar in una nota. “Negli ultimi tempi, tuttavia, gli investitori hanno visto la correlazione storica a cinque anni tra gli indici delle materie prime agricole e i più importanti indici azionari, passare dallo 0% del 2006 al 50% di oggi (correlazione misurata con lo STOXX Europe 600 e l’Msci World)”.

Detto questo, le commodity agricole non hanno perso il loro fascino, soprattutto come scudo contro l’inflazione attesa. “Dal 1998, le allocazioni in materie prime hanno dimostrato di essere correlate al 67% con il tasso d’inflazione attesa”, prosegue Davidson.

Replicanti su Borsa Italiana
Una via semplice per investire nel settore sono gli Exchange traded commodity (Etc). Su Borsa Italiana sono ad oggi quotati due Etc dedicati al bestiame (Etfs Lean Hogs e Etfs Live Cattle), sette Etc specifici per altrettante materie prime agricole (dalla soia, al grano, al caffè, allo zucchero, ecc.) e un Etc più ampio che replica il Db Agriculture Booster Eur Index.

Gli Etc sulle commodity agricole sono per forza di cose sintetici, essendo esse materie prime deperibili e non immagazzinabili per lunghi periodi di tempo. In sostanza, utilizzano contratti derivati per replicare l’indice.

Opportunità anche in altri settori
Questi trend non riguarderanno solo i prezzi delle materie prime alimentari, ma anche altri settori economici. Con la domanda alimentare in aumento e la quantità di terra in diminuzione, è chiaro che un ruolo fondamentale sarà giocaro dalla tecnologia. Perciò si comincia già a parlare di “nuova rivoluzione verde”.

“I mercati emergenti, in particolare Cina e India, saranno incentivati a condurre una seconda rivoluzione verde, con possibili miglioramenti significativi anche realizzabili nell’Africa sub-sahariana”, afferma il report di Fidelity. “Gli aumenti dei prezzi stimoleranno sviluppi per aumentare seminativi e progetti di irrigazione. Ciò potrebbe contribuire a ridurre la volatilità e stabilizzare l’offerta. Senza dimenticare i progressi delle bio-tecnologie, dei fertilizzanti e dei macchinari agricoli che contribuiranno in futuro a far crescere la produzione, creando così opportunità d’investimento in questi settori.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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