Attacco allo spread

I nuovi provvedimenti della Bce vanno nella direzione di contenere il differenziale tra titoli di stato periferici e Bund. Avranno successo?

Marco Caprotti 13/09/2012 | 16:01
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La Banca centrale europea non è più quella di una volta. Nato con il preciso intento di tenere sotto controllo l’inflazione di una regione formata da paesi diversi che condividono la stessa moneta (ma non la stessa forza economica), l’istituto di Francoforte, con il tempo e con le crisi finanziarie, si è trasformato prima in un erogatore di prestiti a basso costo per le banche della regione (senza nessun vantaggio per l’economia reale) e, nei giorni scorsi, in un prestatore di ultima istanza per i governi alle prese con la crisi del debito e con lo spread alle stelle.

Applausi per l’Omt
L’ultimo passaggio è stato firmato dal presidente della Bce, Mario Draghi, quando, nei giorni scorsi, ha annunciato che l’Eurotower comprerà bond governativi con scadenza da uno a tre anni dei paesi che sono entrati nel programma di aiuti dei fondi salva-stati come il vecchio Efsf (European financial stability facility) o il nuovo Esm (European stability mechanism) che, peraltro ora può contare sull’ok della Corte costituzionale tedesca alla partecipazione della Germania (anche se con alcune limitazioni, come il tetto massimo di 190 milioni di euro e il benestare del Bundestag per ogni incremento). I paesi coinvolti, da parte loro, dovranno però imbarcarsi in opere di risanamento che si preannunciano tutt’altro che indolori. Il piano, nominato “Transazioni monetarie dirette” (in inglese Outright monetary transactions, Omt) ha l’obiettivo di contenere il differenziale di rendimento fra le obbligazioni dei paesi a rischio e i Bund riaprendo agli stati periferici il mercato dei prestiti a breve scadenza. Se il progetto avrà successo, di fatto scardinerà il meccanismo per cui i tassi di breve periodo diventano talmente alti per alcune nazioni da rendere impossibile il rifinanziamento dei bond in scadenza. Una situazione che può portare a pericolosi default.

La reazione dei mercati non si è fatta attendere. In seguito all’annuncio della Bce del 6 settembre lo spread tra titoli di stato italiani e i Bund tedeschi è sceso attorno a 350 punti base (il minimo dalla fine di marzo) “Dopo mesi e dopo una sfilza di decisioni procrastinate, palliative e contraddittorie le indicazioni fornite dal presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, costituiscono una svolta nella crisi dell’Eurozona, che si trascina, ingrossandosi, ormai da tre anni”, recita l’ultimo numero di Anima Flash, newsletter del gruppo Anima. “Il funzionamento del meccanismo a difesa della moneta unica è ancora da testare, ma rappresenta comunque un cambio di passo molto importante e allontana sensibilmente gli scenari peggiori sulla stabilità dell’Eurozona”.

Un test difficile da superare
Certo, come ammettono gli stessi operatori, bisognerà vedere se il piano reggerà la prova dei fatti. E il test non è facile. “Se i paesi che hanno chiesto aiuto formalmente all’Efsf e all’Esm accettano le condizioni di risanamento che vengono imposte, allora non ci saranno grandi problemi”, dice Dave Sekera, analista di Morningstar. Ma da quello che si sente in giro per l’Europa in questi giorni non è detto che sarà così. Il premier spagnolo, Mariano Rajoy, ha già detto che il suo paese non è disposto ad accettare i diktat della Bce. Un problema in più visto che Madrid, per rifinanziare i bond in scadenza da qui a fine ottobre dovrà fare ricorso varie volte al mercato obbligazionario. E non è detto che, sic rebus stantibus, gli investitori siano disposti a comprare Bonos. “Secondo noi la Spagna aspetterà fino all’ultimo minuto prima di chiedere l’assistenza della Bce nella speranza di poter strappare condizioni di risanamento meno pesanti”, continua Sekera. “Tutto questo, però, crea una situazione pericolosa: se non si dovesse raggiungere un accordo fra Francoforte e Madrid allora saremmo un passo più vicini all’implosione dell’Eurozona”.

Ma ci sono anche altri problemi. La Bce, ad esempio, ha detto che avrà gli stessi obblighi e gli stessi diritti degli altri bondholder. “Difficile da credere”, dice l’analista di Morningstar. “Se le cose dovessero andare male l’Eurotower sarebbe trattata in maniera diversi da altri creditori”. La storia, peraltro, dimostra che quando in un fallimento sono coinvolti degli stati vengono fatte delle preferenze. Anche questo potrebbe fare da deterrente all’arrivo di nuovi investitori nei paesi in difficoltà. Va poi considerato che la decisione finale sul programma Omt non è stata unanime. Il presidente della Banca centrale tedesca (la Bundesbank), Jens Weidmann, ha votato contro dicendo che il piano, di fatto rappresenta un aiuto indebito, che non costringe i paesi a mettere in atto le dolorose riforme necessarie e che trasferisce i rischi sui cittadini degli altri membri dell’Unione. “Se il programma non riuscirà a bloccare la crisi del debito in Europa allora si potrebbe arrivare a una vera rottura fra i membri dell’Ue con conseguenze nefaste”, conclude Sekera. 

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Info autore

Marco Caprotti

Marco Caprotti  è Giornalista di Morningstar in Italia.

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