Quella crescita che non paga

Una buona economia, se non è accompagnata dai profitti, non crea valore per gli investitori. Ne è un esempio l’India.

Valerio Baselli 02/10/2012 | 15:19
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Spesso, nella loro attività di ricerca, gli investitori vengono attratti dalla crescita economica di un determinato paese o settore. Inoltre, la proliferazione di strumenti che danno facilmente esposizione a un intero mercato o anche a un solo segmento di esso, ha accentuato questa tendenza. Tuttavia, se da un lato si può comprendere la ricerca di crescita economica in un momento in cui i paesi sviluppati sono alle prese con la recessione, dall’altro non bisogna mai dimenticare che la crescita non accompagnata da profitti economici non crea valore per gli investitori.

Il caso indiano: le infrastrutture
Uno degli esempi più eclatanti di come la crescita del Pil di una nazione possa non trasformarsi in performance azionarie è l’India. “Non molto tempo fa, era convizione diffusa che le grosse società indiane operanti nel settore delle infrastrutture avrebbero moltiplicato il loro valore in pochi anni”, afferma Sunil Asnani, responsabile della strategia d’investimento in India per Matthews International Capital Management. “D’altra parte, il forte bisogno di una migliore rete infrastrutturale era sotto gli occhi di tutti. Anche la disponibilità di capitale non sembrava essere un ostacolo in quanto molte banche di proprietà statale erano disposte a concedere prestiti”.
Eppure, nonostante le previsioni positive, alcune delle società più importanti del settore hanno generato rendimenti negativi per i propri azionisti negli ultimi cinque anni, in netto contrasto con la crescita di business che hanno vissuto.

“Questo non dovrebbe sorprendere gli investitori di tipo bottom-up, data la frequenza con cui queste società hanno emesso nuove azioni, diluendo il valore dei pacchetti azionari pre esisitenti, allo scopo di raggiungere una crescita superiore rispetto a quella che poteva essere finanziata attraverso la generazione di liquidità interna o attraverso finanziamenti tradizionali”, prosegue Asnani. “Accedere al mercato dei capitali per finanziare la crescita non distrugge valore in sé, ma diverse società di questo settore si sono rivolte ai mercati troppo spesso e hanno anche fatto scelte di business poco sagge”. Molti investitori hanno avuto la tendenza a inserire in portafoglio società di questo tipo spinti dall’euforia generalizzata sulla crescita indiana, il che deve avere in qualche modo annebbiato il loro giudizio.

E i consumi retail
Ma non finisce qui. Un altro settore che è stato parecchio pubblicizzato in India è quello della vendita al dettaglio organizzata, che si caratterizza per una rete di negozi e la proprietà aziendale (ad esempio, supermercati, ipermercati). La premessa era che i concorrenti meno organizzati, i piccoli negozi, non potessero offrire la varietà e lo standard richesti dalla nuova classe media indiana. “Alcune previsioni erano fondate e  infatti i rivenditori più moderni hanno registrato una crescita straordinaria delle vendite negli ultimi anni”, commenta il gestore. “Ma molti altri sono stati puniti dal mercato e costretti a chiudere l’attività”.

Le ragioni sono molteplici. “I negozi familiari sono spesso gestiti direttamente dai proprietari, che di norma si impegnano maggiormente dei dipendenti. Inoltre, in India, la maggior parte di queste piccole attività sfugge alle tasse e spesso la famiglia proprietaria vive dietro i negozi stessi, abbattendo così i costi. Senza contare la consegna a domicilio ai clienti più fedeli, i quali difficilmente cambiano fornitore”. Evidentemente, i grossi operatori del settore non hanno dato sufficiente peso a questi fattori e il loro eccessivo ottimismo li ha portati in alcuni casi alla rovina. Lo stesso vale per chi ha investito in queste aziende, trasportato dall’entusiasmo.

Asnani sottolinea l’importanza di investire in società con un vantaggio competitivo di lungo periodo. Il semplice fatto che le aziende leader in questi settori abbiano bisogno di continui rifornimenti di capitali non per crescere, ma solo per rimanere a galla, solleva interrogativi circa la sostenibilità dei loro modelli di business. “Questo non vuol dire che la vendita al dettaglio sia un business difettoso. La situazione potrebbe effettivamente cambiare in futuro, se questi operatori dovessero diventare abbastanza grandi per godere di economie di scala, ottenendo vantaggi di costo sul settore non organizzato”.

Poche emozioni ma tante performance
A volte anche un settore noioso può fare i soldi per gli investitori. In India, l’esempio più recente rigurda l’olio lubrificante. “In teoria, questa attività non presenta molto spazio di crescita, visti i progressi tecnologici che continuano a prolungare la vita utile dei lubrificanti”, afferma Asnani. “Tuttavia, alcune società hanno raggiunto un’ottima reputazione, avendo sviluppato prodotti che hanno un prezzo più elevato, ma che sono in grado di generare risparmi complessivi nel lungo periodo”. Non c’è quindi da stupirsi se questo prodotto altrimenti noioso abbia permesso a queste aziende di ampliare costantemente i margini e di creare valore per gli azionisti. “In questo caso, gli investitori pazienti sono stati premiati con una gestione trasparente e una buona politica di distribuzione dei dividendi”.

Questo esempio suggerisce l’importanza di scegliere business con la capacità di generare cassa in tutti i cicli di mercato, piuttosto che lasciarsi influenzare dalle turbolenze macroeconomiche. Anche se l’andamento del mercato indiano è stato irrazionale, è comunque possibile distinguere le aziende di valore nel corso del tempo. Perciò gli investitori a lungo termine, con particolare attenzione alla selezione bottom-up, sono stati alla fine ricompensati, anche se a volte sottoperformano nei momenti euforici.

Al di là della valutazione di mercato
“Il difficile è stabilire quale sia il prezzo ragionevole per la crescita”, conclude Sunil Asnani. “Ad esempio, in India vi sono alcune società ben gestite che possono rimanere costose per molto tempo. Questo potrebbe portare gli investitori molto attenti alle valutazioni a chiedersi se stiano perdendo una buona occasione. Un esempio è una delle principali banche del settore privato che è stata in grado di fornire risultati coerenti con la crescita e la redditività in un ambiente in continuo cambiamento normativo. Uno sguardo più ravvicinato rivela che la banca ha saputo affrontare le turbolenze soprattutto grazie alla propria organizzazione interna e alla cultura del lavoro, un vantaggio competitivo non facilmente catturato dalle valutazione tradizionali. Investire in tali società a volte può essere meno rischioso di un investimento in azioni che rimangono a buon mercato per un lungo periodo a causa di motivi fondamentali di malgoverno o di modelli di business deboli”.


*Questo articolo è stato pubblicato su Tuttofondi in data 15 settembre 2012.

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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