Correva l’anno 2002. Le Borse mondiali vivevano il terzo anno consecutivo di ribassi, l’economia era in bilico tra recessione e ripresa, l’industria dei fondi soffriva per il dilagante clima di sfiducia degli investitori e tra i gestori impazzava la polemica sulla capacità di battere l’indice di riferimento. In quell’anno buio, il 30 settembre, debuttava in Italia il primo Exchange traded fund, quotato a Piazza affari come un’azione e molto economico. Si trattava del Lyxor Etf che replicava l’indice Dj Euro stoxx 50, delle blue chip europee. A dicembre 2002, gli emittenti erano quattro, i replicanti otto, i contratti scambiati in media ogni giorno 81, per un controvalore di circa 3,3 milioni di euro.
Una crescita esponenziale
Dieci anni dopo, le Borse mondiali continuano a fare i conti con la volatilità e la crisi economica, gli investitori stanno alla larga dai fondi, ma gli Etf hanno registrato sul listino milanese una crescita esponenziale. Ogni giorno vengono scambiati in media 11.400 contratti, per un controvalore di 242,8 milioni di euro. Gli emittenti sono 11 e quotano 798 Etp (acronimo di Exchange traded product, che comprende gli Etf, gli Etc sulle commodity e gli Exchange traded note). Le masse totali si avvicinano ai 18 miliardi, con un incremento annuo composto del 50% dal 2003.
I numeri da record non finiscono qui. Le statistiche di Borsa Italiana, mostrano che la piazza milanese è ininterrottamente dal 2005 la prima per contratti scambiati su piattaforma elettronica, seguita da Deutsche Borse e Euronext. Un’altra caratteristica distintiva è la presenza di investitori privati, come testimonia il taglio più piccolo dei contratti rispetto ad altri listini europei (21.300 euro contro i 74.400 di Deutsche Borse e i 36.300 di Euronext).
L'anno del Babau
Il decennio non va ricordato solo per il forte sviluppo del mercato, che è andato di pari passo con l’ampliamento dell’offerta, ma anche per le trasformazioni che lo hanno caratterizzato. Gli Etf si sono affermati come strumenti semplici ed economici, in contrapposizione ai prodotti strutturati, i cui limiti sono emersi con tutta evidenza dopo il crac di Lehman Brothers. L’ingegneria finanziaria, però, ha lavorato anche in questo settore e continua a farlo tuttora. La ricerca di una maggior efficienza nella replica ha determinato la nascita di nuovi rischi, primo fra tutti quello di controparte. Il massiccio impiego di derivati ha fatto scattare nel 2011 l’allarme da parte delle istituzioni internazionali, tanto che quell’anno è stato ironicamente definito “del Babau”.
Più trasparenza
Il 2012, non solo a livello italiano, non poteva che essere l’anno delle regole. Il 25 luglio, l’Esma, l’autorità europea di vigilanza sui mercati, ha pubblicato in un documento alcune linee-guida per aumentare la trasparenza e la tutela degli investitori (tali orientamenti valgono per tutti i cosiddetti Ucits, ossia i fondi conformi alla direttiva europea). Ulteriori miglioramenti sono sicuramente possibili, ma, come ha scritto José Garcia-Zarate, analista di Morningstar, in un recente articolo su Morningstar Investor, “l’industria degli Etf ha fissato elevati standard di trasparenza, di molto superiori a quelli applicati dal comparto dei fondi comuni di investimento. In più, l’ha fatto volontariamente e l’autorità regolamentare ha semplicemente sancito ciò che era già diventato prassi comune”.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.