Non sempre l’effetto domino è negativo. La possibilità che la bancarotta di alcuni paesi europei possa trasferirsi prima all’intero Vecchio continente e poi toccare l’economia globale è l’elemento che ha condizionato le contrattazioni nell’ultimo anno. Ragionando su quello che è successo ultimamente, tuttavia, è possibile scorgere degli elementi positivi che potrebbero passare di nazione in nazione.
Il fatto nuovo è stato l’intervento della Banca centrale europea che ha annunciato l’acquisto di bond governativi con scadenza da uno a tre anni dei paesi che sono entrati nel programma di aiuti dei fondi salva-stati come il vecchio Efsf (European financial stability facility) o il nuovo Esm (European stability mechanism). I paesi coinvolti, da parte loro, dovranno però imbarcarsi in opere di risanamento che si preannunciano tutt’altro che indolori. Il piano, nominato “Transazioni monetarie dirette” (in inglese Outright monetary transactions, Omt) ha l’obiettivo di contenere il differenziale di rendimento fra le obbligazioni dei paesi a rischio e i Bund riaprendo agli stati periferici il mercato dei prestiti a breve scadenza. Se il progetto avrà successo, di fatto scardinerà il meccanismo per cui i tassi di breve periodo diventano talmente alti per alcune nazioni da rendere impossibile il rifinanziamento dei bond in scadenza. Una situazione che può portare a pericolosi default. “L’Europa sta attraversando un cambiamento storico che, secondo noi, potrebbe avere un impatto positivo sull’economia globale”, spiega un report firmato da Mark Mobius, presidente esecutivo e direttore della ricerca di Templeton. “Ci sono trasformazioni profonde che stanno avvenendo nella regione per quanto riguarda il ruolo che i governi giocano nelle economie. Molti leader europei stanno comprendendo che non possono spendere come in passato facendo crescere il debito pubblico. E si inizia a capire che le barriere alle imprese poste da alcuni stati sono eccessive. Tutto questo può condurre a nuove riforme. La privatizzazione delle imprese pubbliche è un elemento che potrebbe portare, nel lungo termine a una maggiore crescita economica dell’Europa. Certo, non succederà dal giorno alla notte e molti vorranno difendere le loro posizioni di privilegio, ma la tendenza che porterà a un’Europa più forte politicamente ed economicamente è chiara”.
L’incognita spagnola
“In Europa l’attenzione è catalizzata soprattutto dalla Spagna, la cui richiesta formale di aiuti all’Ue – l’elemento che scatenerà l’intervento della Banca centrale europea a sostegno dei Bonos – è attesa a breve o brevissimo”, spiega una nota di Anima. “A questo proposito, nella conferenza stampa di inizio ottobre Mario Draghi, presidente della Bce, ha non troppo indirettamente invitato la Spagna a superare i suoi tentennamenti, affermando che le condizioni cui saranno subordinati gli aiuti da parte del fondo salva-Stati e della Bce non devono essere necessariamente punitive”. A rompere gli indugi di Madrid, secondo molti operatori potrebbe essere l’ultimo taglio di rating operato da S&P che ha portato i titoli iberici di debito da Bbb+ a Bbb-, uno scalino sopra la valutazione junk, (spazzatura). L’outlook rimane negativo. La motivazione per la revisione al ribasso va ricercata nell’aumento delle pressioni a cui è sottoposto il Paese a causa dell’intensificarsi della recessione, che “limita le opzioni politiche del governo spagnolo”, spiega il comunicato che ha accompagnato la decisione. La valutazione di S&P è ora uguale a quella di Moody’s Investor Service, che ha tuttavia messo Madrid sotto osservazione per un possibile downgrade a junk. Secondo S&P “l’attuale deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie potrebbe aumentare i rischi fiscali nel breve-medio termine, prima che le riforme fiscali a sostegno della crescita siano radicate”.
Il quadro macro
I dati macro della regione con cui devono fra i conti gli operatori, intanto, mostrano uno scenario con qualche chiaro e molti scuri. La lettura finale del Pmi (l’indice dei direttori d’acquisto) Composite di settembre ha evidenziato un leggero rialzo del dato preliminare, frutto della revisione positiva sia dell’indice dei servizi, di un decimo a 46,1, che di quello manifatturiero. Nel dettaglio, il Pmi servizi è stato rivisto di un decimo a 46,1 nonostante una lettura più bassa sia per il dato francese (45 da 46,1) che per quello tedesco (49,7 da 50,6). Bene invece il dato italiano, in prima lettura, che è aumentato di mezzo punto a quota 44,5. Le vendite al dettaglio area euro sono aumentate di uno 0,1% ad agosto rispetto al mese precedente, meglio delle attese che prevedevano un calo frazionale. Anno su anno le vendite sono scese dell’1,3%. Tendenzialmente negativi i dati di agosto sull’industria tedesca. La produzione industriale è calata di mezzo punto percentuale rispetto a luglio (in linea con le attese), ritracciando in parte il +1,2% del mese precedente a causa del rallentamento del settore delle costruzioni. In calo anche gli ordinativi. “In questo caso la discesa è arrivata in buona parte dalla domanda domestica, mentre sorprendentemente sono rimbalzati gli ordini dagli altri paesi dell’area euro”, spiega una nota di Banca Intermobiliare. “In generale l’ultima parte dell’anno dovrebbe vedere una stagnazione dell’industria tedesca, che ha iniziato a risentire più tardi delle altre della crisi”. In leggero miglioramento, comunque minore delle attese, l’indice di fiducia degli investitori Sentix, a -22,2 a ottobre dal -23,2 di settembre.
Le scelte operative
“In un quadro del genere è meglio concentrarsi su specifiche azioni piuttosto che seguire le onde del mercato o gli sviluppi macroeconomici”, spiega Heather Brilliant, analista di Morningstar. “Attualmente le Borse sembrano essere guidate dalle decisioni delle banche centrali piuttosto che dai fondamentali delle società. Acquistare in maniera indiscriminata seguendo le notizie del giorno è una strategia che si rimpiangerà se le cose dovessero peggiorare ancora. Meglio puntare su titoli di società con una chiara strategia e i conti a posto e che trattano a sconto rispetto all’obiettivo di prezzo. Nel nostro elenco, con un rating di 5 stelle, in Europa ne abbiamo 69”.
Per quanto riguarda i bond, secondo gli operatori le obbligazioni asiatiche possono rappresentare un’alternativa ai titoli di stato dei paesi occidentali con i rating più elevati. “A differenza dei paesi industrializzati, i mercati emergenti asiatici spiccano per i bassi livelli di debito pubblico, le ingenti riserve valutarie, i rating in via di miglioramento e i trend positivi nelle quotazioni delle valute” spiega David Tan, responsabile degli investimenti nel reddito fisso asiatico di Allianz Global Investors. “I solidi fondamentali hanno iniziato ad attirare l’interesse degli investitori: attualmente già l’8% delle obbligazioni mondiali proviene dai mercati emergenti asiatici e questo trend è destinato a proseguire”.
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