Le agenzie sembrano voler usare molto le forbici anche nell’ultimo trimestre dell’anno. L’ultima a tirarle fuori è stata S&P che ha portato i titoli spagnoli di debito da Bbb+ a Bbb-, uno scalino sopra la valutazione junk, (spazzatura). L’outlook rimane negativo. La motivazione per la revisione al ribasso va ricercata nell’aumento delle pressione a cui è sottoposto il Paese a causa dell’intensificarsi della recessione, che “limita le opzioni politiche del governo spagnolo”, spiega il comunicato che ha accompagnato la decisione. La valutazione di S&P è ora uguale a quella di Moody’s Investor Service, che ha tuttavia messo Madrid sotto osservazione per un possibile downgrade a junk. Secondo S&P “l’attuale deterioramento delle condizioni economiche e finanziarie potrebbe aumentare i rischi fiscali nel breve-medio termine, prima che le riforme fiscali a sostegno della crescita siano radicate”.
Anche i mesi scorsi sono stati caratterizzati da un’iperattività delle agenzie di rating. Fra queste si è distinta Moody’s che ha tagliato, portandolo a negativo, l’outlook di Germania, Olanda e Lussemburgo. Secondo gli analisti, infatti, il peso del mantenimento dell’Eurozona ricadrà tutto sulle spalle dei tre paesi. Il giudizio resta a tripla A. La decisione è stata presa anche a causa dell’aumento del rischio per l’Europa, con Spagna e Italia che secondo l’agenzia di rating potrebbero essere vicine a una richiesta di aiuti. A provocare la misura anche la situazione greca, con il paese che sembra di nuovo valutare un’uscita dall’Eurozona. L’unico paese il cui outlook è stato considerato stabile è la Finlandia (che ha un rating tripla A).
Prima gli stati, poi le imprese
I tagli ai rating sovrani non vanno presi sottogamba nemmeno da chi investe in corporate. Un effetto contagio a livello di nazioni, infatti, si potrebbe trasferire anche alle imprese. La metodologia di rating delle agenzie dice chiaramente che il giudizio sulle aziende non può essere molto più alto rispetto a quello degli stati di cui fanno parte. Nuovi downgrade a livello nazionale rischiano di avere un impatto sui rating delle aziende e, quindi, sulla capacità di queste di accedere a linee di credito. Un esempio arriva proprio dall’Italia. Moody’s ha tagliato le stime di crescita del Belpaese per quest’anno e il 2013. L’agenzia stima attualmente la contrazione del Pil italiano tra l’1,5% e il 2,5% nel 2012 e prevede un -1% e al massimo una crescita zero nel 2013. Nell’outlook diffuso in aprile le stime di Moody’s erano di una contrazione tra l’1% e il 2% per quest’anno e tra -0,5% e +0,5% nel 2013.
Nei giorni scorsi l’agenzia di rating è tornata a farsi sentire, tagliando il giudizio di Fiat SpA a Ba3 da Ba2. Allo stesso tempo ha declassato il giudizio sulle controllate Fiat Finance & Trade e Fiat Finance North America a B1 da Ba3, nonché quello di Fiat Finance Canada da B1 a Ba3. L’outlook sul rating è negativo. “E’ molto improbabile che il rating migliori”, scrive Moody’s, mentre ci sarà un nuovo downgrade “se il cash flow della società da attività industriali dovesse superare il dato negativo di 2 miliardi di euro nell’anno corrente, senza indicazioni di un miglioramento nel 2013”. Il rating potrebbe essere sotto pressione anche se la società perdesse significative quote di mercato in Europa o se gli utili delle attività brasiliane, la maggior fonte di flussi di cassa, dovessero diminuire.
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