Il calo della domanda globale e le strette monetarie delle banche centrali della regione hanno zavorrato l’economia dell’America latina. Sul futuro, poi, aleggiano la crisi europea e la debolezza degli Stati Uniti. A dirlo è l’ultimo rapporto del Fondo monetario internazionale (Fmi) secondo cui il Pil dell’area nel primo semestre dell’anno è cresciuto al di sotto del tasso del 3%. Una performance che ha costretto a rivedere al ribasso le stime per l’intero 2012. Per l’anno in corso, quindi, le previsioni parlano di una crescita del 3,2% (-0,6% rispetto all’outlook precedente) e del 4% nel 2013.
Il rallentamento economico, come d’abitudine, ha trovato eco in quello borsistico. L’indice Msci dedicato all’area Latam nell’ultimo mese (fino al 26 ottobre e calcolato in euro) ha perso lo 0,5%. L’andamento da inizio anno resta comunque positivo per il 5%.
Cala la fame di commodity
“L’America latina sta pagando la situazione di debolezza mondiale che incide sulla richiesta di commodity”, spiega l’aggiornamento del Regional Economic Outlook del Fondo. “Si iniziano poi a sentire gli effetti delle strette monetarie”. La situazione, almeno nel breve termine resta delicata. “Un peggioramento della situazione in Europa e negli Usa può innescare un nuovo forte rallentamento globale che farebbe calare ulteriormente i prezzi delle materie prime”, continua il report. “La forte presenza di banche spagnole nell’area aumenta i rischi di un effetto contagio, anche se fino ad ora il pericolo è stato evitato grazie a una severa regolamentazione”. Nel medio periodo, invece, il pericolo è rappresentato dalla Cina (il primo utilizzatore a livello mondiale di risorse naturali) che ha imboccato la strada della crescita contenuta con ulteriori effetti deprimenti sulle valutazioni di metalli e minerali.
“In generale è meglio restare vigili e prepararsi a eventuali effetti di contagio”, consigliano gli economisti dell’Fmi. “Bisogna poi ricordarsi che le situazioni all’interno dell’area sono diverse da paese a paese e cambiano in funzione delle singole politiche e delle scelte commerciali”. La produzione industriale, ad esempio, ha subito un rallentamento nelle economie più grandi come ad esempio Brasile, Cile e Perù. In altri stati, come ad esempio il Messico la situazione è stata meno pesante anche perché il paese centroamericano ha potuto approfittare dei segnali positivi arrivati (anche se a fasi alterne) dagli Stati Uniti.
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