“Se apri il vaso di Pandora non sai quali cavalli di Troia potrebbero saltare fuori”. Letto adesso, sembra profetico il commento di Ernest Bevin, Ministro degli esteri inglese dopo la Seconda guerra mondiale, a chi gli chiedeva un parere su un’Europa più unita. E di elementi che possono mettere a repentaglio la vita dell’Ue in questi ultimi anni ne sono arrivati parecchi: Portogallo, Irlanda, Italia, Grecia e Spagna (poi diventati Piigs). Tutti paesi le cui finanze hanno rischiato (e rischiano) di portare la regione verso la bancarotta e di allontanare il processo di unificazione.
Ma l’ultima mossa della Banca centrale europea sembra aver segnato un punto di svolta per il futuro della regione e per chi in questa zona investe. L’Eurotower ha lanciato un programma di acquisto di bond governativi con scadenza da uno a tre anni dei paesi che sono entrati nel programma di aiuti dei fondi salva-stati come il vecchio Efsf (European financial stability facility) o il nuovo Esm (European stability mechanism). I paesi coinvolti, da parte loro, dovranno però imbarcarsi in opere di risanamento che si preannunciano tutt’altro che indolori. Il piano, nominato “Transazioni monetarie dirette” (in inglese Outright monetary transactions, Omt) ha l’obiettivo di contenere il differenziale di rendimento fra le obbligazioni dei paesi a rischio e i Bund riaprendo agli stati periferici il mercato dei prestiti a breve scadenza. Se il progetto avrà successo, di fatto scardinerà il meccanismo per cui i tassi di breve periodo diventano talmente alti per alcune nazioni da rendere impossibile il rifinanziamento dei bond in scadenza. Una situazione che può portare a pericolosi default.
“L’intervento della Bce ha eliminato un po’ di rischi e ha reso gli investitori più interessati alle azioni europee”, spiega uno studio firmato da Russ Koesterich, responsabile delle strategie globali di iShares. Nelle ultime sette sedute l’indice Msci Europa ha guadagnato l’1,3% (calcolato in euro) portando a +14,6% la performance da inizio anno. Una parte del merito va anche alle valutazioni. “Dopo essere andato peggio degli altri titoli per molto tempo, oggi l’equity europeo è particolarmente a buon mercato”, continua l’operatore. “Le azioni negli Stati Uniti vengono trattate a due volte il loro valore di libro, mentre da questa parte del mondo valgono più o meno la metà”.
I rischi restano
Questo non significa che non esistano rischi. Il quadro macro, ad esempio, è ancora preoccupante. A ottobre l’indice dei responsabili degli approvvigionamenti ha subito un nuovo e inatteso calo, a 45,8 punti da 46,1 punti di settembre, segnando il valore più debole da 40 mesi a questa parte (rilevazioni Markitt). A questo va aggiunto che, secondo i dati diffusi da Eurostat, nel secondo trimestre di quest’anno è aumentato il livello del debito: la media dell’Eurozona ha raggiunto il 90% del Pil (era l’88,2% alla fine del primo trimestre) e quella dell’Ue a 27 paesi l’84,9% (dall’83,5% di marzo).
“La mossa delle Bce continuerà a dare una mano ai mercati, ma siamo scettici sulla sostenibilità del rimbalzo fatto vedere dall’azionario”, spiega uno studio firmato da Paul Doyle responsabile dell’azionario europeo (escluso il Regno Unito) di Threadneedle. “Il Vecchio continente vedrà una crescita debole o un andamento negativo. Le misure di austerità decise dai governi potrebbero rivelarsi troppo severe danneggiando le spese al consumo, la crescita economica e le prospettive di guadagno delle aziende”.
Le scelte operative
Alla luce di questo scenario, come conviene muoversi dal punto di vista operativo? “Restiamo sottopesati per quanto riguarda l’azionario europeo in generale”, dice Koesterich di iShares. “Siamo più interessati invece i titoli del nord della regione. In particolare ci piacciono le azioni tedesche, olandesi e norvegesi che sono sottovalutate rispetto ai fondamentali”.
Un invito all’attenzione arriva anche da Doyle di Threadneedle. “Dal punto di vista della valutazioni, ci sono delle opportunità fra quei titoli che sono stati molto venduti e tra quelle aziende che operano in nicchie particolari e relativamente immuni dal rallentamento congiunturale”, dice. “Noi ci concentreremo sulle aziende la cui posizione competitiva gli dà il controllo dei prezzi e che hanno quindi utili forti, prevedibili e sostenibili”.
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