Persa fra numeri macro che non convincono e misure di aiuto che paiono andare nella direzione sbagliata, l’Europa non sembra trovare la strada della crescita. Certo, nell’ultimo mese l’indice Msci della regione è salito dello 0,4% portando a +15% la performance da inizio anno. Ma il risultato è frutto delle accelerazioni effettuate quando sono uscite delle notizie positive (o meno negative) dal fronte congiunturale o quando le istituzioni europee hanno preso in mano la situazione. Il problema, però è capire la portata che hanno i numeri e i piani di stimolo.
Il quadro macro
La seconda lettura degli indici Pmi (purchasing manager index, Indice dei direttori d’acquisto) di ottobre ha visto una leggera revisione al ribasso, di un decimo per il Pmi composite area euro, da 45,8 a 45,7 (ogni risultato al di sotto di 50 indica contrazione). La divisione settoriale del dato evidenzia andamenti contrapposti per il Pmi manifatturiero (rivisto al rialzo da 45,3 a 45,4) rispetto all’indice dei servizi (da 46,2 a 46). A livello di singoli paesi, il Pmi manifatturiero tedesco è stato rivisto leggermente al rialzo (da 45,7 a 46), comunque ancora nettamente al di sotto del dato di settembre (48), mentre i Pmi servizi sono stati riletti al ribasso sia per la Germania (48,4 da 49,3) che per la Francia (44,6 da 46,2). Per quanto riguarda i dati italiani (in prima lettura) il Pmi manifatturiero è passato da 45,7 a 45,5, e i servizi a 46 da 44,5. La stima preliminare dell’inflazione europea di ottobre ha mostrato un calo di un decimo, da +2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso a +2,5%, in linea con le attese. In Italia i prezzi al consumo hanno mostrato un calo più marcato della media europea. La disoccupazione europea è di nuovo salita a settembre, toccando un nuovo massimo storico all’11,6%, con la punta della Spagna al 25,8%. In Italia i senza lavoro sono il 10,8% del totale, in aumento rispetto ad agosto di due decimi. Positivo il dato sulle vendite al dettaglio tedesche, salite dell’1,5% mese su mese a settembre. Il basso tasso di disoccupazione rispetto al resto d’Europa (sotto il 7%) funge da supporto ai consumi tedeschi. Marginalmente positivo anche il dato sui consumi francesi, +0,1% su base mensile, cui ha giovato l’aumento di spesa per la casa. Decisamente negativo invece l’andamento degli ordini industriali in Germania, -3,3% m/m a settembre che porta il dato trimestrale a -2,3%.
“Da un punto di vista economico non si possono per il momento avere grosse aspettative, come evidenziato anche dai recenti dati relativi ai Pmi, che pur non peggiorando e con letture in linea con le attese, si mantengono su livelli piuttosto depressi”, spiega uno studio di Banca Intermobiliare. Per quanto riguarda la crisi spagnola (che potrebbe fare da detonatore a una serie di dafault nella regione) è ancora tutto in stand by, con il premier Mariano Rajoy che si sente forte per il fatto di avere trovato le risorse necessarie per far fronte al debito pubblico spagnolo almeno fino a gennaio 2013. “Il primo ministro iberico sembra non temere il giudizio del mercato che, per il momento, non pare intenzionato a mettere pressione alle autorità politiche”, continuano da Bim.
Un invito alla prudenza arriva, implicitamente, anche dalla Commissione Ue che ha appena peggiorato, rispetto a maggio, le stime macroeconomiche. Per l’Eurozona prevede nel 2012 un andamento negativo del Pil dello 0,4%, che però andrà in territorio positivo l'anno prossimo. Nel 2013 è pronosticato un +1,4%. A maggio la stima era per il 2012 crescita a -0,3%, +1% nel 2013. Nella Ue -0,3% quest’anno, +0,4% l’anno prossimo, +1,6% nel 2014. Il tasso di inflazione è previsto al 3,3% nel 2012, al 2% nel 2013 e all’1,7% nel 2014. La domanda interna resterà debole nel 2013 la disoccupazione aumenterà fino a sfiorare il 12% nel 2013. I prezzi dell’energia e gli aumenti delle tasse indirette continueranno a trainare l’inflazione. Quanto al consolidamento dei bilanci pubblici, si prevede che nell’Eurozona il deficit/Pil scenda quest’anno al 3,3% e nell’Ue al 3,6% rispettivamente dal 4,1% e dal 4,4% (nel 2013 2,6% e 3,2%, nel 2014 2,5% e 2,9%). Nell’Eurozona, il rapporto debito/Pil passerà quest’anno da 88,1% a 92,9%, nel 2013 a 94,5% e nel 2014 a 94,3%. Nell’Ue, dopo l’83% nel 2011, si prevede un 86,8% quest’anno, 88,5% nel 2013, 88,6% fra due anni.
La Bce sbaglia mira?
Nel frattempo gli operatori continuano a ragionare sull’ultimo intervento di supporto alle economie dato dalla Banca centrale europea e gli entusiasmi iniziano ad affievolirsi. L’Eurotower ha lanciato un programma di acquisto di bond governativi con scadenza da uno a tre anni dei paesi che sono entrati nel programma di aiuti dei fondi salva-stati come il vecchio Efsf (European financial stability facility) o il nuovo Esm (European stability mechanism). I paesi coinvolti, da parte loro, dovranno però imbarcarsi in opere di risanamento che si preannunciano tutt’altro che indolori. Il piano, nominato “Transazioni monetarie dirette” (in inglese Outright monetary transactions, Omt) ha l’obiettivo di contenere il differenziale di rendimento fra le obbligazioni dei paesi a rischio e i Bund riaprendo agli stati periferici il mercato dei prestiti a breve scadenza. “Il programma non affronta la vera causa della crisi europea: la mancanza di crescita”, spiega Mark Nash, Senior portfolio manager di Invesco. “Tutte le misure che sono state adottate fino ad ora dalla Bce e dall’Ue sono state sostanzialmente delle iniezioni di liquidità. Ma la liquidità non è la questione che condiziona il vecchio continente. Le cose cambieranno quando il problema del debito sarà affrontato ponendo l’accento sulla crescita. Ma sarà difficile farlo visto che le riforme adottate fino ad ora sono basate sull’austerità. Una scelta sicura per far rimanere il sud Europa in una spirale deflattiva”.
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