Solo pochi anni fa, la Turchia era vista come estremamente sensibile agli shock economici esterni ed era considerata economicamente problematica, con l'inflazione alle stelle, un elevato deficit delle partite correnti e una moneta debole. Oggi, benché non sia completamente immune ai recenti conflitti, è ormai considerata da molti come una sorta di “porto sicuro” in una regione altrimenti alquanto critica. L’agenzia di rating Fitch ha recentemente riconosciuto questo stato di cose innalzando il rating creditizio a lungo termine del paese da BBB- a BB+, portandolo di fatto nella categoria “Investment grade”, ovvero quella riservata alle economie più solide.
Le possibili conseguenze
“Questa decisione potrebbe ridurre ulteriormente i costi di finanziamento per governo, banche e imprese, in parte perché i grandi investitori internazionali saranno ora in grado di investire in Turchia. Tuttavia, molti fondi pensione richiedono che siano almeno due le agenzie di rating ad assegnare lo status di investment grade e S&P e Moody’s ancora non si sono mossi in tal senso”, ha commentato in una nota Gregor Holek, gestore del team Emerging markets equities di Raiffeisen capital management.
Allo stesso tempo, l’innalzamento del rating a investment grade suggerisce che la banca centrale e il governo dovranno prepararsi a tenere meglio sotto controllo le finanze pubbliche e il deficit delle partite correnti mediante l'attuazione di riforme. Questo, naturalmente, non potrà essere realizzato in una notte. Al momento, quindi, il saldo delle partite correnti rimane il maggiore fattore di rischio per i mercati finanziari.
“A questo proposito, l'aumento degli investimenti diretti esteri in siti produttivi turchi è incoraggiante. Sul fronte dei finanziamenti del saldo delle partite correnti, il governo sta anche cercando di adottare contromisure più forti. Per abbassare la dipendenza relativamente elevata dagli investitori stranieri, si propone di aumentare il rapporto interno di risparmio, ad esempio, attuando riforme del sistema fiscale e delle pensioni”.
Il mercato corre, ma per durare servono i profitti d’impresa
La Borsa sul Bosforo è già uno dei top performer a livello mondiale nel 2012. Sempre più capitali stranieri confluiscono sul mercato finanziario e sui progetti economici del paese. Da inizio anno, i prezzi delle azioni turche sono aumentati di oltre il 40% (Ise 30 Index), e gli scambi in Borsa sono vicini ai massimi del 2010. Nel corso degli ultimi dieci anni, il mercato turco ha quindi generato performance ben più elevate rispetto al complesso dei mercati emergenti. “Certamente l’upgrade del rating può favorire una sovraperformance, ma per ottenere un rendimento positivo di maggiore durata, le valutazioni dei titoli azionari devono essere, in ultima analisi, sostenute dallo sviluppo degli utili delle imprese”, prosegue Holek.
Il paese, tuttavia, è ancora afflitto da alcuni vecchi problemi, come il già citato deficit delle partite correnti, ma anche la suscettibilità alle oscillazioni dei prezzi del petrolio. Secondo il gestore, “nel lungo termine, le prospettive demografiche (la Turchia ha di gran lunga la miglior piramide delle età di tutta Europa) insieme alla posizione geo-strategica indicano una crescita persistente. Nel breve e medio termine, tuttavia ci si può aspettare un ulteriore calo dei tassi di interesse e dei tassi di inflazione”.
Come sfruttare la crisi mondiale
Nonostante la sua vicinanza geografica con l’Eurozona e il forte declino delle esportazioni verso l’Ue, la Turchia sta beneficiando indirettamente dalle crescenti difficoltà economiche e finanziarie di molti paesi sviluppati. “Persino il forte aumento dei prezzi dei cereali sulle Borse internazionali delle materie prime non sta avendo un grande impatto al momento, poiché il mercato interno del grano è in gran parte isolato da questi meccanismi ed è strettamente regolato dal governo”.
I tassi d'interesse in calo stanno inoltre favorendo la Turchia per molti aspetti: incoraggiano i prestiti, i consumi e gli investimenti, e portano a un incremento degli utili di banche e imprese. Il calo dei tassi di interesse sta inoltre sostenendo il bilancio nazionale. Infatti, se nel 2002 i pagamenti degli interessi rappresentavano circa il 43% della spesa pubblica, oggi la percentuale è scesa all’incirca al 12%. “Lo scenario con tassi di interesse zero che caratterizza Usa e i paesi core dell’Eurozona favorisce anche il flusso di nuovi capitali stranieri verso la Turchia”, afferma Holek. “Certo, il livello degli interessi è già molto più basso rispetto a qualche anno fa, ma nel contesto internazionale, la Turchia offre ancora un interessante profilo rischio-rendimento per gli investimenti finanziari e reali”.
I rischi
La situazione politica tesa in tutta la regione (Iraq, Siria, Libia, Egitto, Israele, Iran) è un'arma a doppio taglio per la Turchia. Per Holek, “fino ad ora, il paese ha beneficiato della situazione fungendo da calamita per i capitali in fuga da questi paesi. Tuttavia, un eventuale coinvolgimento nella guerra civile siriana sarebbe estremamente negativo per la Turchia, nonostante la sua forza militare”. Un altro rischio reale, aggiunge il gestore, è la possibilità che l’approvvigionamento energetico del paese sia messo in pericolo da una massiccia escalation, nel caso, ad esempio, di un attacco militare israeliano/americano contro l'Iran. Gli effetti di questo ovviamente non sarebbero limitati alla Turchia e avrebbero gravi conseguenze a livello globale.
L’offerta italiana
Gli investitori italiani possono esporsi al mercato turco scegliendo tra sette diversi fondi comuni e tre Exchange traded fund quotati a Piazza Affari, come riportato nelle tabelle seguenti. Gli analisti di Morningstar invitano, sempre e comunque alla cautela, quando si sceglie un fondo specializzato su un singolo paese e suggeriscono di dedicare al massimo una piccola porzione di un portafoglio molto diversificato.
Dati in euro al 9 novembre 2012 al lordo dell’imposta sul Capital gain
Fonte: Morningstar Direct
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