I bond piacciono sempre, anche se sono spazzatura. L’indice Barclays relativo alle obbligazioni globali nell’ultimo mese (fino al 12 novembre e calcolato in euro) ha guadagnato l’1,5%, portando a +6,8% la performance da inizio anno. Una parte del merito va ai cosiddetti junk bond che, dicono gli operatori, sono diventati un prodotto meno rischioso di quello che il nome lascia intendere.
Secondo gli ultimi dati pubblicati da Thomson Reuters, dall’inizio dell’anno ad oggi a livello globale sono stati emessi titoli di debito high yield per 341,6 miliardi di dollari, sbriciolando già ora il record per un intero anno che risaliva al 2010 (collocamenti per 322,9 miliardi). Le aziende europee hanno contributo a questo totale con 61,4 miliardi di dollari, un record anche per il Vecchio continente. A livello di settori, è aumentata l’incidenza complessiva di energetici, finanziari e fornitori di materiali per le costruzioni che quest’anno hanno contribuito al 48% delle emissioni high yield contro il 44% di un anno fa.
Spagna e Italia in coda
Ma i numeri offrono anche un’ulteriore riprova della crisi di Spagna e Italia. A fronte di un +25% di numero di emissioni a livello mondiale, di un +37% per gli Stati Uniti, di un +34% per la Germania e di un deludente -6% per la Gran Bretagna, la Spagna risulta in ribasso su base annua dell’80% con due sole emissioni, mentre l’Italia accusa una flessione del 58%. Il saldo è migliore, ma non di molto, per le emissioni investment grade, calate del 29% a quota 58,4 miliardi. Le aste degli ultimi giorni, con l’emissione di bond high yield da parte di Guala Closures (già inclusa nel computo) e Rottapharm, due aziende non quotate, lasciano sperare che il trend si possa ora invertire. Questo anche grazie alla legge Passera sui minibond, che offre incentivi fiscali alle piccole e medie imprese che decidono di emettere commercial paper senza utilizzare come emittenti veicoli esteri.
“Oggi, se ci concentriamo sugli yield reali, vediamo che la crisi finanziaria ha prodotto rendimenti reali negativi per i titoli di Stato e per le valute. Allo stesso tempo le politiche dei governi concentrate sul calo dell’indebitamento delle aziende (in particolare degli istituti finanziari), sono di grande sostegno a questa asset class che vanta rendimenti sulla linea dell’azionario” dice un report di James Tomlins, gestore del fondo M&G High Yield Bond. “Gli investitori non possono più ignorare le obbligazioni high yield che sono piuttosto lontane dalla curva del rischio, anche se i loro spread tengono in conto il pericolo di un default. Se prendiamo in considerazione l’Indice Itraxx Crossover (che comprende 50 aziende in Europa) vediamo uno spread di 550 punti base in media. Vale a dire che stando all’indice una società su tre di queste potrebbe fallire. Ma questo non è uno scenario realistico. Molti gruppi hanno ridotto la leva finanziaria, hanno registrato ottimi flussi di cassa, hanno buoni bilanci e i loro fondamentali sono piuttosto solidi”.
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