I gestori bocciano Wall Street e promuovono l’Europa. E’ quanto emerge dall’ultimo sondaggio condotto da Morningstar tra le principali società di gestione e intermediazione che operano in Italia. Le avvisaglie su un cambiamento di atteggiamento degli investitori si erano avute già a settembre, ma a novembre le prese di posizione diventano nette, non tanto per il miglioramento delle prospettive nel Vecchio continente, quanto per il peggioramento oltreoceano.
Europa, rischiare costa meno
I gestori confermano le previsioni sulle piazze finanziarie europee, che saliranno per circa il 67% degli intervistati, seppur tra molta volatilità. In seno all’Unione rimane critica la situazione della Spagna e della Grecia, ma il clima appare più disteso per cui gli investitori sono invogliati a scegliere titoli più rischiosi, come quelli azionari. L’economia è la principale fonte di preoccupazione. La Commissione europea ha rivisto le stime di crescita per il 2013 dal +1 al +0,1%. Alla debolezza dei paesi periferici si è aggiunto il rallentamento della Germania, che finora è stata la locomotiva dell’intera area.
Sull’Italia, i gestori sono più cauti. Uno su due prevede un rialzo del listino milanese nei prossimi sei mesi, un altro terzo si aspetta un’oscillazione attorno agli attuali livelli. Dopo il rally estivo, il Ftse Mib è sceso a causa delle prese di beneficio e continua a muoversi tra alti e bassi, appesantito dall’incertezza sull’economia e i futuri assetti politici.
Usa, troppe incognite
Archiviate le elezioni con la conferma di Barack Obama alla Casa Bianca, gli investitori sono ora focalizzati su due temi: il fiscal cliff o precipizio fiscale (contemporanea fine degli incentivi dell’era Bush e tagli alla spesa pubblica) e la situazione economica. Su quest’ultimo fronte, il mercato immobiliare ha dato segni di ripresa e la Federal Reserve ha confermato la sua politica ultra-accomodante. Per quanto riguarda le valutazioni azionarie, i gestori pensano che Wall Street sia tra le più care e sono divisi equamente tra chi prevede un rialzo, chi un’oscillazione attorno agli attuali livelli e chi un ribasso. I pessimisti sottolineano soprattutto l’aumento del rischio negli Stati Uniti, che allontana dai titoli azionari.
Tokyo non decolla
In Giappone, le valutazioni sono ai minimi da quarant’anni e gli utili in crescita, ma questo mix favorevole non ha ancora convinto gli investitori a tornare a fare acquisti sul listino nipponico. La forza dello yen, la debolezza congiuntuarle e le indecisioni politiche continuano a pesare sulle scelte degli operatori. Per questa ragione, più della metà dei gestori non si attende grandi scostamenti delle quotazioni dagli attuali livelli nei prossimi sei mesi.
Cina, il dopo-Congresso
L’area asiatica rimane una delle preferite dai gestori, con il 61% degli intervistati che prevede un apprezzamento. Il peggio per la Cina sembra essere alle spalle. Il 18° Congresso del partito comunista, che ha rinnovato i vertici, ha posto come obiettivo per il prossimo decennio il raddoppio del Prodotto interno lordo, con aumento dei salari reali e dei consumi interni. Serviranno comunque delle conferme dai dati macro nei prossimi mesi per fugare definitivamente i timori di un “atterraggio duro” (hard landing).
Il toro va in periferia
I gestori prevedono un rialzo dei rendimenti dei titoli governativi tedeschi a fronte di una diminuzione dell’avversione al rischio. Per la stessa ragione, le cedole delle obbligazioni governative periferiche dovrebbero scendere, con coseguente aumento dei prezzi. Nel caso dei BTp italiani, la ripresa delle quotazioni è in parte avvenuta e, secondo alcuni, i margini di miglioramento sono risicati.
Negli Stati Uniti, la Fed proseguirà nella politica espansiva per cui i money manager non si attendono grandi cambiamenti nell’andamento dei titoli di stato a stelle e strisce. Gli attuali rendimenti appaiono poco allettanti nell’ipotesi di ritorno alla normalità dei mercati finanziari.
Euro/dollaro, nessuna sorpresa
Le posizioni dei gestori sul rapporto tra euro/dollaro sono più o meno equamente divise tra rialzisti, ribassisti e neutrali. Il cambio dovrebbe rimanere intorno alla fascia 1,25-1,40. Gli Stati Uniti sono in una fase più avanzata del ciclo di ripresa rispetto all’Europa, ma la politica monetaria espansiva tiene sotto pressione il biglietto verde. Sull’euro invece continua a pesare l’incertezza sulla risoluzione della crisi del debito sovrano.
Hanno partecipato al sondaggio, condotto tra il 5 e il 12 novembre, 18 delle principali società di gestione e intermediazione operanti sul territorio. Si tratta di Albemarle Asset management, Aletti Gestielle, Carmignac Gestion, Convinctions AM, Eurizon Capital Sgr, Gwa, Ing IM, Invest Banca, Investitori Sgr, La Française des Placements, M&G, Nemesis AM, Pioneer IM, SCM Sim, Swiss&Global AM Sgr, Threadneedle, Union Bancaire Privéee, VG.SA.
Le informazioni contenute in questo articolo sono esclusivamente a fini educativi e informativi. Non hanno l’obiettivo, né possono essere considerate un invito o incentivo a comprare o vendere un titolo o uno strumento finanziario. Non possono, inoltre, essere viste come una comunicazione che ha lo scopo di persuadere o incitare il lettore a comprare o vendere i titoli citati. I commenti forniti sono l’opinione dell’autore e non devono essere considerati delle raccomandazioni personalizzate. Le informazioni contenute nell’articolo non devono essere utilizzate come la sola fonte per prendere decisioni di investimento.