L’ultima copertina del settimanale The Economist raffigura una bomba formata da diverse baguette pronte a esplodere, tenute assieme da un nastro coi colori della bandiera francese. Il messaggio è piuttosto chiaro: per il famoso settimanale britannico, dopo Madrid e Roma, Parigi potrebbe subire l’ondata della crisi dell’Eurozona, tutt’altro che finita, con conseguenze da non sottovalutare.
Fondamentali in peggioramento
In realtà, non è la prima volta che viene messa in dubbio la solidità economica dei cugini d’Oltralpe. Dall’inizio del 2011, la crescita economica francese è stata molto deludente, scendendo da un tasso annuo del 2,5% scarso allo 0,3% nel secondo trimestre del 2012. Naturalmente, l’intera Eurozona ha vissuto una fase di debolezza, ma la crescita francese è rimasta al di sotto di quella dei paesi “forti” dell’Unione Europea. Nello stesso periodo il Pil tedesco è aumentato almeno del 2% in ogni trimestre salvo che negli ultimi due, nei quali si è attestato all’1%.
Certo, potrebbe andare molto peggio: Grecia, Portogallo, Irlanda, Spagna e Italia sono lì a ricordarlo. In Spagna, la disoccupazione è salita nel complesso dall’8% del 2007 al 25% di oggi. Quella giovanile supera addirittura il 50%. La disoccupazione totale francese invece si attesta invece al 10,3%.
I bond francesi restano affidabili
Ciò nonostante, i titoli di Stato francesi non sembrano risentire più di tanto di questa situazione. “La grande differenza con i paesi periferici è che i mercati obbligazionari considerano la Francia parte dei paesi forti dell’euro, non di quelli in difficoltà”, commenta Jim Leaviss, gestore del fondo M&G Global Macro Bond, in una nota. “Se si osservano i tassi dei Cds (Credit default swap) a cinque anni, che rappresentano il costo in punti base per assicurare il debito sovrano contro il rischio di default, la Francia è scambiata a 110 punti base, rispetto all’Irlanda a 300 punti base, l’Italia a 325, e la Spagna a 370. E sebbene vi sia ancora una notevole differenza con i Cds tedeschi a 54 punti base, da maggio lo spread fra il debito sovrano tedesco e quello francese si è significativamente ridotto, passando da oltre l’1,4% allo 0,75%”.
Fonte: Bloomberg, M&G Investments
Competitività in discesa
Oltre al tasso di disoccupazione superiore al 10% e il debito pubblico pari ormai al 90% del Pil, quello che preoccupa maggiormente gli osservatori è la perdita di competitività del mercato francese. Infatti, il bilancio dell’Hexagon presenta un forte disavanzo delle partite correnti, caratteristica più simile ai paesi dell’area mediterranea piuttosto che paesi come Germania e Olanda.
“In un modello economico classico, un paese con un deficit delle partite correnti come questo svaluterebbe la valuta per stimolare le esportazioni”, spiega Leaviss. “La moneta unica dell’Eurozona però non permette di farlo, così si dovrà procedere a una specie di svalutazione interna, come succede in Germania. E non è un caso: dopo il crollo della Cortina di ferro, le aziende tedesche si sono accordate con i sindacati (una sorta di neo-corporativismo nel quale governo, imprese e lavoratori sono partner sociali di un medesimo contesto capitalista) sull’adozione di limitazioni salariali che hanno permesso alle industrie manifatturiere di non cercare manodopera più a buon mercato a Est. Risultato, nei 12 anni dalla creazione della moneta unica, in Germania il costo del lavoro è cresciuto in misura inferiore al 25%. In Grecia è invece aumentato del 65%, in Spagna del 55% e in Francia del 40% (più del 15% rispetto a quello tedesco) portando a una significativa erosione della competitività”.
Parigi non ci sta
L’operato del governo non è stato risparmiato dalle critiche. E’ vero, dicono alcuni operatori che le difficoltà della Francia si trovano anche in altri stati d’Europa, ma i paesi mediterranei le riconoscono e stanno affrontando riforme profonde (che comprendono tagli alla spesa pubblica), mentre Parigi non realizza niente di tutto questo. Insomma, la classe dirigente non sembra abbastanza coraggiosa per imporre dei cambiamenti necessari, anche se impopolari.
La reazione non si è fatta attendere. Il Primo Ministro Jean-Marc Ayrault ha subito fatto notare come il 2012 si chiuderà probabilmente con una crescita dello 0,5% contro un –0,3% dell’Unione europea e come lo Stato francese abbia appena collocato bond a due e cinque anni rispettivamente allo 0,1 e allo 0,76%, i tassi più bassi d’Europa dopo quelli tedeschi.
E quando gli hanno fatto notare la copertina dell’importante settimanale The Economist, ha commentato: “è solo un giornale, l’oltraggio fabbricato ad hoc per vendere carta non impressiona la Francia”. E pensare che in passato con l’Italia sono stati anche molto più cattivi.
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