Il DL 78/2010, modificando l’art. 38 del DPR 600/73, ha ampliamente cambiato il volto dell’accertamento sintetico, il quale, tradizionalmente, si divide in “redditometro” e accertamento sulla “spesa patrimoniale”.
La norma, nella versione attuale, contempla che il reddito complessivo delle persone fisiche può essere determinato sulla base delle spese di qualsiasi genere effettuate nel corso del periodo d’imposta: quindi, se il contribuente, nell’anno 2012, ha acquistato un immobile per 200.000 euro, tale somma è imputata quale maggior reddito, ferma ovviamente la possibilità di fornire la prova contraria, ad esempio dimostrando documentalmente che le risorse per l’acquisto sono state accumulate nel corso degli anni.
Diverso è invece il “redditometro”, che, nella nuova versione dell’art. 38, consiste nella facoltà di determinare il reddito sulla base del “contenuto induttivo di elementi indicativi di capacità contributiva individuato mediante l’analisi di campioni significativi di contribuenti, differenziati anche in funzione del nucleo familiare e dell’area territoriale di appartenenza, con decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale con periodicità biennale”.
Nell'attesa, un software preventivo
Ora, di questi decreti non vi è traccia, quindi è presto per fornire giudizi. L’Agenzia delle Entrate, come annunciato varie volte, ha messo a disposizione sul proprio sito, dopo averlo presentato ieri nel corso di una conferenza stampa (si veda “Oltre 4 milioni di famiglie a rischio redditometro” di oggi) il software “Redditest”, ove ogni contribuente può vagliare se le spese sostenute nel corso dell’anno sono congrue con il dichiarato.
Si ricorda che l’accertamento sintetico, tanto nel caso del “redditometro” che della “spesa patrimoniale”, è ammesso a condizione che il reddito complessivo accertabile ecceda di almeno un quinto quello dichiarato. Tanto premesso, si fa subito presente che l’utilizzo del software non presuppone che il contribuente indichi i propri dati personali, in quanto è anche possibile, inserendo un nome di fantasia, verificare la congruità.
Le modalità di compilazione del software possono essere però viste come una sorta di anticipazione di quello che potranno essere i prossimi decreti: infatti, occorre inserire varie voci di spesa, che, secondo alcune indiscrezioni, potrebbero essere tramutate in reddito presunto mediante l’applicazione di specifici coefficienti, un po’ come avviene negli studi di settore.
In sintesi, il contribuente deve indicare il reddito lordo di tutti i componenti della famiglia, oltre ai beni posseduti (immobili, auto, cavalli, aeromobili) e alle spese sostenute per mantenerli e ad altro titolo (spese per manutenzione dell’immobile, per l’auto, per la telefonia, per vacanze, eccetera).
Come funziona nel concreto
Nel sito dell’Agenzia delle Entrate sono state pubblicate alcune risposte a domande suscettibili di verificarsi con una certa frequenza nella pratica. Ad esempio, viene chiarito che la nozione di famiglia è quella reale, che prescinde dal dato giuridico. Per nucleo familiare si intende una coppia non sposata, così come il contribuente che convive con una compagna con figli. Per gli immobili, occorre indicare tutte le case possedute “a disposizione” del contribuente, e non quelle date in locazione. In merito alle auto, per quelle ad uso promiscuo si afferma che esse “devono essere indicate per la parte non riferibile al reddito professionale o d’impresa”.
Allo stato attuale, è possibile sostenere che i contribuenti,per porsi al riparo da successivi accertamenti, possono già verificare se il loro tenore di vita risulta compatibile con il dichiarato, ma per vagliare se il nuovo strumento è davvero coerente con il principio costituzionale di capacità contributiva non resta che attendere i decreti attuativi.
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