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Il “dilemma” europeo

Il ping pong di denunce tra politici, banchieri ed economisti richiama la Teoria dei giochi. Troppe tasse non portano a essere cooperativi.

Valerio Baselli 04/12/2012 | 10:22
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“Mai come in questo periodo il dilemma del prigioniero è applicabile alla realtà economico-politica europea”, afferma Didier Le Menestrel, presidente di Financière de l’Echiquier, in una recente nota. Oggi più che mai, infatti, la distanza tra benessere collettivo e interesse privato sembra essere alla base dei problemi europei. Questo concetto è perfettamente illustrato nel “dilemma del prigioniero”, proposto nel 1950 da Albert Tucker, un matematico americano dell’università di Princeton.

Il gioco
Il dilemma è un gioco a informazione completa e può essere descritto così: due criminali vengono accusati di aver commesso un reato. Gli investigatori li arrestano entrambi e li chiudono in due celle diverse, impedendo loro di comunicare. Ad ognuno vengono date due scelte: confessare l'accaduto, oppure non confessare. Viene inoltre spiegato loro che se solo uno dei due denuncia l’altro, costui evita la pena, mentre l’altro viene condannato a 10 anni di carcere. Se invece entrambi confessano, vengono entrambi condannati a 5 anni. Se nessuno dei due confessa, entrambi vengono condannati a un anno.

È chiaro che i prigionieri abbiano entrambi interesse a non denunciare, ma è probabile che la paura di trovarsi puniti duramente se l’altro scegliesse una risposta diversa conduca entrambi a denunciarsi reciprocamente.

Il dilemma è stato poi ampiamente sviluppato, dando vita alla Teoria dei giochi, che oggi ha numerose implicazioni nello studio del posizionamento concorrenziale delle aziende e dei rapporti politici. Chi non ha mai studiato la Teoria dei giochi, avrà forse visto il film A beautiful mind, che racconta la vita tormentata di John Nash, matematico americano, premio Nobel per l’economia nel 1994. Pur non essendo stato l’ideatore della Teoria, Nash ne è stato il più famoso studioso.

Uno contro l’altro
“I prigionieri denunciatori sono ormai ovunque”, prosegue Didier Le Menestrel. “Il politico denuncia il banchiere come responsabile di tutti i mali, l’economista denuncia gli stati come irresponsabili e dispendiosi mentre in paesi come Francia e Italia i partiti di sinistra e di destra denunciano a vicenda gli errori della parte avversa”. Insomma, secondo Le Menestrel, i soggetti economici e politici europei rientrano nel secondo caso dei prigionieri, in cui ciascun attore ragiona seguendo il proprio interesse, allontanandosi dalla soluzione ottimale. “È chiaro che la situazione economica globale si sta aggravando ancora più rapidamente con tutti gli attori che non cooperano in maniera intelligente”, si legge nella nota.

Troppe tasse, effetto contrario
Proviamo ora a immaginare i due prigionieri come i governi da una parte e i contribuenti dall’altra. “Il governo impone le sue regole, come attesta l’attuale moltiplicarsi delle misure fiscali che porterà sicuramente il gioco a essere non cooperativo”, prosegue Le Menestrel. “È quindi pressoché certo che ci dirigeremo verso una reazione razionale per l’interesse del singolo individuo che cerca di minimizzare la pena prevista, ovvero le tasse da pagare, ma negativa per il benessere comune, che in questo caso sarebbe colmare i deficit e diminuire i debiti pubblici. Sovratassare tale o talaltro tipo di reddito comporterà quindi l’erosione brutale dello stesso. Lo Stato così non avrà fatto altro che aumentare la sanzione individuale riducendo l’interesse collettivo”.

Questa tesi si rifà anche alla famosa “curva di Leffer”, un grafico con cui Arthur Laffer, allora economista dell’University of Southern California, ipotizzò nel 1980 che esiste un livello del prelievo fiscale oltre il quale l’attività economica non è più conveniente, poiché creerebbe una situazione in cui ulteriori aumenti dell'imposta causerebbero un aumento di evasione ed elusione, tale da ridurre il valore dello stesso. 

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Info autore

Valerio Baselli

Valerio Baselli  è Giornalista di Morningstar.

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