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Il punto dell'analista: Prada

Numeri da record per la terza trimestrale della griffe italiana ma il titolo continua ad essere sopravvalutato dal mercato.  

Francesco Lavecchia 10/12/2012 | 15:56
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Ancora una trimestrale da record per Prada. I numeri degli ultimi tre mesi, conclusisi ad ottobre, parlano di una crescita del fatturato del 33% grazie all’accelerazione delle vendite del canale retail (che rappresenta l’83% del giro d’affari complessivo) e alla eccellente performance dei comparable stores, (i negozi con almeno 12 mesi di vita), i cui ricavi sono cresciuti del 14%. A trainare le vendite è stato il grande flusso di turisti in Italia e Europa durante il periodo estivo, che ha avuto l’effetto di mascherare la flessione della domanda interna dei due mercati. Nonostante le prospettive per i prossimi anni continuino a essere molto positive e il management della società sembra ottimista sul positivo esito delle sue strategie di crescita, la nostra valutazione del prezzo obiettivo resta ferma a 55 HKD, che vale al titolo della griffe milanese un rating di due stelle. Il mercato, a nostro avviso, sembra sovrastimare le potenzialità di crescita di Prada, dando poco peso ai rischi di instabilità in Cina, Europa e Stati Uniti, ecco perché la nostra raccomandazione resta quella di attendere un deprezzamento del titolo prima di prendere posizione.  

Gross margin ai massimi storici
Il miglioramento dei conti ha riguardato anche la profittabilità della società milanese. Il Gross margin (ovvero la differenza tra ricavi di vendita e costi di produzione espressa in valori percentuali sul totale del fatturato), ha infatti raggiunto il suo massimo storico a quota 73%. Le leve di questa crescita sono state il maggior contributo del segmento retail, che in genere permette di mantenere prezzi di vendita più elevati, la brillante performance dei prodotti di pelletteria (che sono la tipologia di bene su cui è più facile ammortizzare i costi di produzione), le cui vendite sono salite del 47% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, e la grande capacità del management di tenere sotto controllo il livello delle rimanenze in magazzino, evitando in questo modo di applicare sconti ai prezzi di vendita. Sale anche il valore dell’Ebitda (ovvero il risultato d’esercizio al lordo degli interessi passivi, delle imposte e dei costi di ammortamento), che supera il 30%, mentre l’utile netto, che ha comunque registrato un miglioramento rispetto ai primi nove mesi del 2011, passando da 276 a 414 milioni di euro, è stato penalizzato dalla crescita delle imposte in seguito ad una disputa legale con il fisco italiano.  

 

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Info autore

Francesco Lavecchia

Francesco Lavecchia  è Research Editor di Morningstar in Italia

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