Le speranze di crescita del mercato asiatico, se non si conta il Giappone, restano aggrappate ai suoi due giganti: Cina e India, entrambe in fase di rallentamento. Tuttavia, l’Asia può contare anche su altre economie ad alta crescita. Occorre però sempre ricordare che la crescita del Pil non si tramuta sempre e comunque in crescita del mercato azionario.
Nei primi tre trimestri del 2012, l’economia cinese è cresciuta rispettivamente dell’8,1%, del 7,6% e del 7,4%, confermando il trend calante già iniziato nel quarto trimestre 2011. Tale rallentamento deriva dalla minore domanda di esportazioni da parte di Europa e Stati Uniti. Al fine di compensare le deboli esportazioni, il governo cinese si è orientato verso gli investimenti fissi, cresciuti del 23,8% nel 2011 e del 20,7% nel 2012, secondo l'Ufficio nazionale di statistica di Pechino. Inoltre, la Terra di mezzo ha cercato di sostenere la crescita attraverso un allentamento della politica monetaria, che ha portato la Banca popolare cinese a tagliare i tassi d’interesse e di deposito nei mese di giugno e luglio.
In India la crescita economica è rallentata a +5,3% nel corso del trimestre luglio-settembre, a causa soprattutto di un minore contributo del settore manifatturiero e dell’incertezza relativa all’economia globale. Il dato del Pil è leggermente più alto rispetto al +5,2% atteso dagli analisti e si confronta con il +5,5% registrato nel secondo trimestre.
La Corea del sud ha una storia un po’ diversa. Le esportazioni e l’aumento della domanda interna hanno alimentato la crescita del Pil (Prodotto interno lordo) del 6,2% nel 2010, per poi rallentare nel 2011 (3,4%) a causa di un rallentamento del commercio mondiale e di un calo della domanda interna. Più di recente, la crescita della Corea del sud ha decelerato ancora fino a toccare lo 0,4% nel secondo trimestre e lo 0,2% nel terzo trimestre di quest’anno, prevalentemente a causa della mancanza di esportazioni verso la Cina e l’Europa. Inoltre, l’approvvigionamento energetico resta un motivo di preoccupazione, visto che la Corea del sud importa tutto il petrolio che consuma, e, di conseguenza, la sua bilancia commerciale è molto sensibile alle fluttuazioni del greggio. Nel corso degli ultimi anni, infatti, i prezzi delle materie prime hanno contribuito alla volatilità dei tassi di inflazione.
La crisi ha fortemente impattato anche sulle esportazioni di Taiwan. Purtroppo, le previsioni a breve termine non indicano una ripresa. Una buona notizia, però, arriva dall’accordo commerciale siglato con la Cina (Economic cooperation framework agreement), che ha ridotto sensibilmente le tariffe per le merci in viaggio tra i due paesi.
L’indice
L’Msci Ac Asia Ex-Japan è un indice i cui titoli sono pesati sulla base della capitalizzazione di mercato aggiustata per il flottante, che misura la performance dei mercati azionari dell’Asia con l’esclusione del Giappone.
Il benchmark viene rivisto trimestralmente, ma le revisioni semestrali di maggio e novembre tendono a essere le più incisive. Attualmente, l’indice conta 616 titoli. Cina, Corea del sud, Taiwan, Hong Kong e India costituiscono circa l’82% del portafoglio in termini geografici. Il settore più importante è quello finanziario (32%), seguito del comparto tecnologico (18%), industriale (10%) e dei beni di consumo (9%).
db x-trackers MSCI AC Asia ex-Japan TRN
Il fondo utilizza la replica sintetica per tracciare il benchmark. L’Etf stipula un contratto con un emittente di swap (in questo caso la controparte del fondo è Deutsche Bank) che consegna il rendimento dell’indice (meno una commissione), in cambio del rendimento del paniere collaterale, che in questo caso è composto da azioni blue-chip di paesi Ocse e da obbligazioni di tipo investment grade. Il paniere collaterale viene detenuto in un conto separato fornito da una parte terza, nello specifico State Street Bank.
Qualora la controparte fosse inadempiente c'è il rischio che il liquidatore o l'amministratore blocchi il paniere collaterale, costringendo i detentori del fondo ad aspettare la restituzione dei propri asset. I livelli del collaterale sono inizialmente fissati al 107,5-120% del Nav del fondo. Il fondo non effettua attività di prestito titoli e reinveste automaticamente i dividendi, evitando così il cash drag, fenomeno che avviene quando la liquidità derivante dai dividendi delle azioni sottostanti viene trattenuta nel fondo fino al momento della distribuzione. Questa pratica può potenzialmente creare una differenza negativa tra i rendimenti, durante le fasi di mercato rialzista, visto che i dividendi non vengono reinvestiti nel fondo. Vale però anche il contrario.
Le commissioni totali, espresse dall’indice Ter, sono pari allo 0,65%, in linea con la media di categoria.
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Lyxor ETF MSCI AC Asia Ex Japan
L’obiettivo dell’Etf è quello di replicare l’indice minimizzando al massimo la differenza (“tracking error”) tra i rendimenti del fondo e quelli del benchmark. L’obiettivo calcolato su un periodo di 52 settimane è inferiore all’1%.
L’Etf usa la replica sintetica. In pratica, Lyxor accende un contratto swap Otc (Over the counter) con una controparte che è quasi sempre Société Générale, capogruppo di Lyxor. Nei casi in cui Lyxor si impegna con una controparte terza, Société Générale garantisce la swap, fornendo un ulteriore livello di protezione per gli investitori.
Secondo la normativa comunitaria Ucits III, l’esposizione individuale al rischio di controparte è limitato al 10% del Nav del fondo in qualsiasi momento. In effetti, secondo la nostra ricerca, lo swap non è collateralizzato, il che espone l'investitore ad una perdita potenziale del 10% del Nav (Net asset value) se la controparte swap fallisce. Detto questo, Lyxor è impegnato ad azzerare l'esposizione dello swap su base giornaliera. Lyxor attualmente non effettua operazioni di prestito titoli, il che aiuta a minimizzare il rischio complessivo di controparte.
Le commissioni totali sono pari allo 0,50%.
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